Testo presentato al primo seminario su “DIFFICOLTA’ NELLO SVILUPPO DEL PROCESSO TERAPEUTICO E PROBLEMI DI CONDUZIONE DEL TRATTAMENTO”
Accademia Toscana di Scienze e Lettere “La Colombaria”
Via S. Egidio 23/1 Firenze
Sabato 12 Marzo 2005
“Quanto allo psicoanalista, egli sa bene di lavorare con forze altamente esplosive e di dover procedere con le stesse cautele e la stessa coscienziosità del chimico. Ma quando mai si è interdetto al chimico l’uso delle sostanze esplosive che gli sono necessarie per l’opera sua, a cagione della loro pericolosità?”
(S. Freud, Osservazioni sull’amore di transfert, 1914)
La storia del movimento psicoanalitico, e in molti casi le testimonianze di parte di alcuni suoi protagonisti, rendono evidente come le vicissitudini del transfert erotico e dei suoi correlati controtransferali costituiscano al contempo un potente motore, una specifica ‘costellazione di difese e più in generale una sorta di area ad alto rischio dell’esperienza psicoanalitica, potenzialmente fertilissima di sviluppi trasfor;mativi e maturativi, ma altrettanto esposta all’eventualità di naufragi rovinosi e inaspettati.
Sono conscio di quanto l’argomento sia delicato, complesso, e di come esso sia già stato trattato, oltre che da Freud (1914; 1926), da diversi autorevoli studiosi; il mio contributo consisterà in una serie di riflessioni aggiuntive, stimolate proprio dalla lettura di questi Autori.
Premetto subito che cercherò di andare oltre la diffusa enfasi sugli aspetti difensivi (Canestri, 1993; Denzler, 1997) della erotizzazione nel vissuto analitico (enfasi peraltro del tutto giustificata per molti motivi, e che ritengo vada mantenuta), integrandola con osservazioni sulla possibile utilizzazione analitica di alcuni vissuti amorosi, e sulle differenze qualitative rilevabili in diverse classi di questi vissuti.
Così pure non entrerò nel campo della perversione franca del transfert e del controtransfert, che pure è pertinente al tema in situazioni-limite rispetto a quelle di cui mi occuperò in questo scritto; condivido in pieno le considerazioni di Bonasia (2001) che, seguendo Stoller (1975), individua in tali forme la difesa sessualizzata rivolta soprattutto contro l’odio e la distruttività.
Un punto importante, che intendo chiarire preliminar;mente, riguarda il fatto che gli scenari che descriverò, escluso quello relativo al più arcaico transfert erotizzato, verranno collocati prevalentemente nell’area edipica: ciò poichè ritengo che in quell’area essi si condensino in modo decisivo e si strutturino con un alto grado di caratterizza;zione.
Questa scelta non significa però che non se ne possano riconoscere le basi genetiche nei livelli precedenti di orga;nizzazione mentale e di relazione d’oggetto, la conoscenza dei quali può consentire addirittura, in qualche occasione, di formulare previsioni circa le future modalità di sviluppo di una persona al crocevia edipico.
Sono di grande interesse, al riguardo, studi come quelli di Loewald (1979), di Ogden (1986) e di Kavaler Adler (1992) sui rapporti tra modalità depressiva (contrapposta a schizoparanoide) nel funzionamento mentale di base e capa;cità di elaborare il tramonto del complesso edipico, recupe;rando, nei rapporti successivi, elementi preziosi della espe;rienza vissuta con l’oggetto primario.
Mi occuperò specificamente di questo aspetto nella seconda parte di questo lavoro.
Nel descrivere i diversi tipi di transfert, cercherò di delineare brevemente anche i vissuti controtransferali speci;fici indotti nell’analista, con particolare riferimento ai rischi di agito (acting- in).
Infine un’ultima, forse ovvia raccomandazione: come per ogni lavoro in cui si tenta di organizzare il materiale secondo definizioni, schemi o categorie, si tenga presente che questo modo di inquadrare e classificare i fatti umani è consapevolmente rigido e riduttivo, e volto solo ad aggregare dei punti clinico-teorici di riferimento.
Nella realtà, queste configurazioni così nette non si trovano quasi mai allo stato puro.
TRANSFERT EROTIZZATO
Alcuni Autori “storici” (Etchegoyen, 1986; Gitelson, 1952; Rappaport, 1956) convengono nel distinguere e denominare in questo modo la variante transferale più prossima al polo psicotico.
Per essa, possono valere in linea di massima le descrizioni proposte da Freud (1914): si caratterizza in quanto tenace, inusitata, irriducibile, sintonica con l’Io, incapace di accettare surrogati, oltre che per la sua apparizione improvvisa e precoce.
Riguardo a quest’ultimo punto, sono note le osservazioni di Blitzsten citate da Rappaport (1956), in base alle quali in una comune situazione transferale nevrotica l’analista viene visto come se fosse il padre o la madre; mentre nell’ero;tizzazione del transfert (versante psicotico) egli è il padre o la madre.
E’ quindi valutata, ai fini diagnostici, la capacità di simbolizzazione del paziente.
Quanto alla precocità dell’apparizione, Blitzsten aveva anche sostenuto questa tesi: se l’analista appare nel primo sogno, di persona o in forma marcatamente riconoscibile, il paziente darà una violenta connotazione erotizzata al legame transferale, e la sua analisi risulterà difficile se non impossibile.
In presenza di tali condizioni, la situazione dovrebbe essere elaborata immediatamente; a volte sarebbe preferibile l’invio ad un altro analista.
Gitelson (1952) ritiene che, se compare un “primo so;gno” di quel genere, ciò possa dipendere da una di queste tre eventualit:à
1) scarsa capacità di simbolizzazione da parte del paziente;
2) grave errore tecnico dell’analista;
3) reale somiglianza dell’analista con uno dei genitori del paziente.
Etchegoyen (1986) commenta la prima eventualità proponendo di riconsiderare l’analizzabilità del paziente; la seconda, valutando l’opportunità di un cambio di analista; mentre la terza gli appare poco significativa, e non tale da richiedere un cambio.
Tutte queste concezioni mostrano senza alcun dubbio il grado di preoccupazione di questi autori per l’entità e la qualità della “valanga” transferale, temuta come non trattabile, annunciata dai prodromi erotizzati.
Per cercare di individuare questo quadro clinico transferale utilizzerò concetti psicoanalitici di diversa radice teorica – il cui accostamento, di cui mi assumo la responsabilità – ritengo sia efficace per descrivere una configurazione così complessa:
Una caratteristica fondamentale del transfert erotizzato è l’arcaicità dei livelli di funzionamento mentale.
In questo transfert l’oggetto è altamente idealizzato, e l’atmosfera è spesso gravida di elementi persecutori, pervasa di sensazioni assolute e totalizzanti, del tipo: “Non avrai altro Dio all’infuori di me!”. E’ ammessa solo la dimensione diadica, l’unica sentita come vera e dotata di senso.
Il fantasma di fondo, nei confronti del quale scatta l’erotizzazione difensiva con funzioni di collante, è quello della separazione, del distacco e dell’abbandono.
Si assiste allora al tentativo di restaurazione psicotica di una condizione di fusione narcisistica con l’oggetto pre-edipico, con diniego della separatezza dell’oggetto stesso (cui vengono proiettivamente attribuiti, fino ai delirio, i propri vissuti), in un clima a volte drammatico, a volte elazionale e grandioso.
Si percepiscono con chiarezza l’insofferenza all’astinenza e al non poter controllare l’oggetto (Saraval, 1988). Credo che una buona rappresentazione di tutto questo sia stata fornita con il celebre film “Attrazione fatale” (1987), di Adrian Lyne.
A livello del Sè, l’aspetto saliente è il graduale annullamento del senso del proprio valore nel soggetto che regredisce a questo livello transferale, in caso di perdita dell’oggetto; mai come in questi casi di erotizzazione psicotica si può ritrovare vera l’affermazione di Platone, che nel “Convivio” scrive che Amore è figlio di Penìa, cioè di uno stato di privazione e di povertà: lo stato del neonato che, incapace di provvedere a sè e primariamente per sè inesistente, sviluppa un attaccamento totale (“divina mania”) nei confronti dell’unica sorgente di vita, la madre.
Separazione, separatezza e scena primaria sono oggetto di diniego, e il possesso fusionale dell’oggetto è sperimentato, semplicemente, come una questione di vita o di morte.
MATERIALE CLINICO
Ritengo assai difficile che questo transfert crei problemi di risposta dell’analista nel senso di un agito sessuale; più volte mi è capitato, scambiando pareri con colleghi, di sentir dire, riguardo a situazioni del genere: “E’ strano: è una paziente fisicamente piuttosto bella, ma non mi suscita niente dal punto di vista sessuale!”.
Come nota De Masi (1988), il vissuto controtransferale è di prevalente fastidio; inoltre è ben percepibile la funzione difensiva di questo transfert, come disperato e per lo più maldestro tentativo di azione interpersonale. Io credo che l’effetto seduttivo di esso potrebbe al più realizzarsi inducendo una lusinga di gratificazione narcisistica in analisti occasionalmente deprivati da gravi perdite, ferite o in generale da traumi narcisistici, sofferenti e “fuori assetto” (Gabbard, 1994).
Bonasia (op. cit.) segnala anche il rischio di occasionali erotizzazioni, con possibili agiti, nella fase conclusiva di alcune analisi, come difesa contro l’elaborazione del distacco.
La convocazione di una funzione materna primaria nell’analista non sarebbe invece, secondo me, un effetto perverso di una seduzione, ma più spesso una risposta controtransferale complementare, adeguata ai veri bisogni profondi del paziente (“Controtransfert adeguato” di Sandler, 1976).
In ogni modo l’oggetto risulta controtrasferalmente, per l’analista, piuttosto assillante: proprio da questo fatto possono semmai derivare consistenti difficoltà tecniche, perchè l’insofferenza dell’analista potrebbe condurre a precoci proposte di esame di realtà rivolte all’Io del paziente, se non a vere e proprie spinte espulsive inconsapevoli verso l’interruzione dell’analisi.
Significativo, in questo senso, il preciso rèportage di Squitieri (2005) sul proprio assetto interno durante l’analisi di una paziente che non metteva in dubbio la corresponsione del proprio transfert erotizzato da parte dell’analista: “Nella travagliata elaborazione del mio controtransfert che ne seguì, dovetti sperimentare diversi vissuti: lo sgomento per quello che inizialmente percepii come un assetto difensivo molto chiuso, che sembrava portare ad una vera perversione del significato della relazione analitica; l’irritazione per ciò che sentivo come un attacco alla mia identità analitica (solo in un secondo tempo, potei dare un valore diverso agli aspetti sadici e di impossessamento, certamente presenti nella situazione); la preoccupazione per i danni che forse stavo arrecando alla p. con una conduzione inadeguata dell’analisi. Con il tempo, sempre più spesso incominciai ad avvertire un sentimento di vera e propria “disperazione”.
Proprio la riflessione su questa disperazione controtransferale guidò l’analista, in quella occasione, a rappresentarsi e contattare un analogo vissuto profondo della sua paziente, aprendo nuovi scenari alla vicenda analitica in corso.
In rapporto a tutte queste considerazioni, penso ne con;segua, per via naturale, che la tecnica di trattamento di questi stati transferali sia da correlare al livello e alla qualità della relazione caratteristicamente primitiva, con alcuni orientamenti fondamentali :
1) il contenimento maturativo;
2) l’alleanza con le residue parti sane dell’Io;
3) l’avvicinamento dell’oggetto (che in partenza è solitamente “siderato” a grande distanza e scisso);
4) la nutrizione progressiva del Sè.
La presa di coscienza dell’idealizzazione e della persecuzione non può viceversa essere proposta in tempi brevi, perchè sarebbe vissuta dal paziente come l’imputazione di una anomalia funzionale che gli è peraltro inevitabile, e rispetto alla quale egli sente di non poter far nulla, se non vergognarsene.
TRANSFERT EROTICO
Può essere inteso come la ripetizione nevrotica dei processi di investimento e di fissazione nei confronti di un oggetto che reca in sè la parte di caratteristiche “impossibili” (cioè negative ai fini di una relazione reale) dell’oggetto d’amore edipico.
Di solito questo oggetto è: proibito e/o non realmente praticabile; altrui; collocato per qualche verso in una categoria generazionale o sociale superiore.
Conseguentemente, sono erotizzati in modo mirato: la proibizione; l’impossibilità; il dislivello generazionale; la presenza di un “terzo danneggiato”; a volte la distanza oggettuale, e comunque tutti quegli aspetti che possono per qualche via rimandare alla relazione nella situa;zione edipica, con il “gap” adulti-bambini riprodotto in tutte le sue forme equivalenti.
L’analista si presta dunque a rappresentare il genitore edipico; ma per il paziente nevrotico, a differenza dello psicotico, egli può appunto rappresentare, oltre che costituire, questo oggetto.
La ripetizione è un aspetto fondamentale di questo transfert, anche nella vita esterna all’analisi.
( MATERIALE CLINICO )
Per inciso, Rycroft (in una comunicazione personale a Schafer, 1983) riteneva che Freud avesse evidenziato l’aspetto della ripetitività nel transfert anche perchè preoccupato dall’idea di possibili accuse dei detrattori della psicoanalisi circa i transfert erotici delle pazienti verso analisti maschi.
E’ comunque indubitabile l’elemento ripetitivo che conduce periodicamente ad illusioni e successive delusioni i pazienti predisposti; la disillusione uscirebbe dalla ripetizione nevrotica, in quanto, producendo una perdita luttuosa della illusione, produrrebbe insights e mutamenti interni.
Sempre in tema di ripetizione: l’espressione, oggi così in voga, “avere una storia con…” (o “farsi una storia con…”) sembra una formula tristemente conscia della coazione a ripetere, a volte ormai perversamente programmatica anche in prospettiva futura (“… quasi quasi mi ci faccio una storia… “).
E’ già messa implicitamente in conto la fine della relazione, e non il suo sviluppo; pur di non abbandonare i punti di fissazione ideali, ci si prefigurano relazioni a termine, in modo programmatico e con tono tra il rassegnato e il compiaciuto.
Ma perchè risultano investiti proprio certi aspetti dell’oggetto che sono in realtà negativi ai fini della relazione (come ad es. l’impossibilità)? Perchè essi sembrano costituire dei veri e propri punti di fissazione?
Propongo di considerare alcuni potenziali fattori:
1) La difesa perversa: e cioè la libidinizzazione di ciò che è stato fonte di enorme sofferenza, nella fattispecie una sconfitta edipica troppo traumatica, non elaborabile nel cosiddetto “tramonto” (meccanismi di difesa simili, anche se non riferiti strettamente all’Edipo, sono stati descritti ad es. da Gillespie (1956; vedi, ancora, il “transfert perverso” descritto da Bonasia).
2) L’aggressività inconscia specifica contro il genitore dello stesso sesso (Mantovani, 1991): è un attacco irriducibile e irrinunciabile, che si configura come uno specifico piacere di furto e di spodestamento, in cui l’oggetto conquistato finisce per essere poco più di un trofeo o di un tramite, in un’atmosfera sottesa di fusionalità a tre.
In analisi, il partner dell’analista/padre può essere simboleggiato in certi periodi perfino dalla analisi stessa, che viene attaccata come una sorta di istituzione/oggetto terzo/madre edipica rivale.
3) L’Edipo dei genitori (Nobili, 1990): il transfert erotico può riconoscere a volte una radice anche nel comporta;mento seduttivo e collusivo di uno o di entrambi i geni;tori, quando abbiano favorito una coltivazione sotter;ranea dell’illusione edipica aldilà dei tempi fisiologici di questa.
4) La disperazione (nel senso etimologico di “mancanza di speranza”) del bambino edipico interno: i Sette Nani, bambini vecchi e pregenitali a vita, buoni tutt’al più per oscure attività anali (“la miniera”) contrapposti a Biancaneve e al Principe (adulti giovani, belli e genitali da sempre, per nascita, dotati di attributi narcisistici e sessuali secondari, nonchè del “cavallo bianco” pulsionale ed estetico), dimostrano che i bambini resteranno sempre bambini; non potranno crescere mai. E’ un’ ottica statica, senza prospettive di evoluzione.
Da ciò una seduttività coatta e maniacale, volta a smentire l’inferiorità, l’esclusione, e la ferita narcisistica. Questo alimenta a sua volta il vissuto reattivo di “meravigliosità” nella seduzione erotica transferale. In effetti, in questo transfert l’oggetto è soprattutto vissuto come “eccitante”: “Amarci sarà eccitante e meraviglioso!”.
La medesima sensazione viene indotta nell’analista, che è spinto a condividere l’illusione: è un quadro che può ricordare quello di Ulisse e le sirene, ed è certamente questa la situazione clinica più rischiosa per l’assetto analitico.
Non dimentichiamo che Eros è, sì, figlio di Penìa (la Povertà), ma che suo padre è Pòros (l’Astuzia), e che nel transfert erotico questa componente seduttiva entra in scena seguendo percorsi a volte spettacolari, a volte estremamente sottili.
Dei legami che possono contribuire a mantenere l’analista-Ulisse nel giusto assetto di fronte alle lusinghe fascinose ed illusorie del canto delle sirene, mi occuperò più avanti.
5) L’intolleranza verso l’oggetto intero: nella ricerca del “triangolo” non vi è tanto la fuga dal genitore simbiotico dello stesso sesso, verso il genitore dell’altro sesso; bensì il rifiuto di un oggetto reale con qualità e difetti, che si by-passa investendo un altro oggetto cui sono attribuite solo qualità positive, per creare un rappresentante dell’oggetto ideale selezionato.
Langs (1974), Atwood, Stolorow e Trop (1989) ed Eber (1990) concordano nel ritenere che i transfert erotici intensi e di lunga durata non persistono comunque, durante il trattamento, se non vi è una cooperazione inconscia dell’analista. Maroda (1991 ) condivide questo assunto, purchè riguardi trattamenti di pazienti non psicotici.
Desidero, ancora, far notare come spesso nel transfert erotico risultino rimossi soprattutto i motivi per i quali non si dovrebbe investire in un certo tipo di relazione.
Più in generale, ciò che si tende a mantenere inconscio sono anche, a monte: l’esclusione, l’inferiorità, l’invidia e l’attacco contro la coppia dei genitori; quest’ultima componente aggressiva contribuisce all’eccitamento che connota spesso l’atmosfera in questo tipo di transfert.
Ho descritto il quadro psicodinamico di questa forma transferale secondo un’ottica sincronica: evidenziando cioè gli esiti edipici finali – prevalentemente nevrotici – di un processo formativo, che comunque ha le sue profonde radici genetiche nelle vicissitudini della relazione con l’oggetto primario arcaico.
Di tale oggetto, gli oggetti edipici ereditano, dopo complesse trasformazioni e scissioni, alcune funzioni e caratteristiche. In base alla mia esperienza clinica, mi è capitato più volte di reperire, a monte del transfert erotico, un modello di relazione con l’oggetto primario arcaico che definirei qualitativamente “polemico”, disturbato e conflittuale, anche se non così gravemente carenziale come nelle relazioni primarie che generano poi transfert erotizzati.
In questa relazione “polemica” con l’oggetto primario si possono già ritrovare “in nuce” alcuni aspetti caratterizzanti del transfert erotico: ad es., sul piano pulsionale, i tratti di avidità orale che, attraverso il derivato psichico dell’impazienza. rendono intollerabili nell’Edipo i tempi di attesa della crescita; o l’aspetto “ardente” del coinvolgimento dell’analista, che rimanda ad un’aggressività uretrale non accolta e non elaborata a suo tempo nella relazione primaria (e che durante il trattamento si può tradurre in un “attacco erotico” al funzionamento della coppia analitica); sul piano delle relazioni oggettuali, la frequente ricerca di un oggetto alternativo (che nell’Edipo sarà “proibito”, “impossibile”) rispetto al reale basic-object della relazione primaria: nessun marito potrà valere un amante, nessun analista rispettoso del setting potrà entusiasmare quanto un terapeuta trasgressivo, così come nessuna madre reale (capace di presenza e di assenza) poteva un tempo reggere il confronto con una madre ideale fantasticata, sempre buona e sempre presente.
Queste considerazioni possono essere riportate all’osservazione della vita di tutti i giorni: ad esempio, alla tendenza di molti individui ad avere più relazioni in contemporanea.
Riguardo a ciò, si potrebbero descrivere alcuni quadri motivazionali e difensivi di base:
“L’effetto-catamarano”: per evitare angosce di perdita e di dipendenza, due punti di appoggio sono più rassicuranti di uno.
“La sindrome della coperta troppo corta”: nessuna relazione reale copre i bisogni e i desideri di un individuo.
“L’onnipotenza virtuale”: potrei stare con questa o con quella: il mio futuro è aperto, se non decido (decidere: de-caedere, tagliare via da-; ogni decisione, cioè ogni scelta, comporta un taglio, una rinuncia).
“La maestrìa nella scissione”: la sensazione inebriante e rassicurante insieme di poter gestire e controllare un regime scisso nelle relazioni amorose.
Sul piano narcisistico, l’oscillazione tra un ‘immagine grandiosa di sè (“sono irresistibilmente seducente”) e un ‘immagine impoverita (“non valgo niente”) resa fallimentare da ripetute disconferme.
Spetta all’analisi il compito di bonificare la qualità polemica, amara e disperata di questa atmosfera relazionale profonda.
TRANSFERT AMOROSO
Definisco il transfert amoroso come quella forma di transfert, altamente conflittuale, nella quale i sentimenti e le fantasie amorose del paziente:
a) prevalentemente privi di significato difensivo rispetto ad altri aspetti di segno diverso nella relazione;
b) favoriti per via naturale e non seduttiva da un buon accoglimento e da un valido contatto analitico; e
c) caratterizzati da un ‘autentica specificazione di genere sessuale consentita da uno sviluppo sufficientemente integrato nelle fasi pregenitali, si scontrano con una serie complementare di sentimenti di pericolo e di fantasie distruttive che si oppongono alla loro comparsa, comunicabilità e vivibilità simbolica nel trattamento psicoanalitico.
Cercherò di descrivere più estesamente questa configurazione, partendo dalla clinica.
Un punto nucleare di molte analisi è costituito dalla scoperta del vero oggetto d’amore, in pazienti che avevano costituito specifiche difese contro tale evento (perlopiù avendo in qualche modo dribblato l’Edipo).
Spesso vanno in crisi le precedenti scelte difensive di oggetto: mariti/fratellini o /figli, o /altri se stessi; mariti/madre, etc.
Idem per gli uomini: mogli/ragazzino-se stesso specular-gemellare; moglie/mamma orale; moglie/padre, etc.
Càpita che la vicenda non finisca lì: i nuovi oggetti reali, eredi degli investimenti libidici prima congelati, servono appunto a restituire al soggetto la disponibilità delle quote libidiche; ma non di rado si rivelano poi inadeguati per altri versi, su un piano di realtà, e cedono il posto ad ulteriori, più evolute scelte d’oggetto, una volta esaurita la loro “magica” funzione rievocativa transferale.
Nel corso del trattamento, il più delle volte questi oggetti sono controfigure concrete dell’analista, che a propria volta è la attualizzazione dell’oggetto onirico, profondo e atemporale.
In alcuni casi non vi sono spostamenti transferali: la vicenda si snoda prevalentemente all’interno della coppia analitica.
Il transfert amoroso si compone allora di due parti: una è la parte nevrotica, consistente nella ripetizione difensiva di atteggiamenti interni ed esterni antirelazionali, volti a mantenere la rimozione sugli aspetti positivi del rapporto con l’oggetto d’amore.
Questa parte nevrotica è un involucro difensivo-resisten;ziale originato da paure e colpe di vario genere. Esso tenta di tenere imprigionata l’altra parte del transfert amoroso: la capacità di amare sana, che lotta per manifestarsi ed esistere, in contrasto conflittuale con angosce di inadeguatezza, di separazione e perdita dei benefici della condizione filiale in caso di auto-rappresentazione adulta, con le residue colpe edipiche, e più in generale con tutte le paure connesse ad un approfondimento della relazione con l’oggetto.
Nel fare progressivamente esperienza di questa seconda parte, vengono via via riconosciuti e apprezzati, in maniera conflittuale, elementi di comprensione, confidenza, intimità, contatto, nonchè di specificità e di complementarietà di genere. Apertura, calore e fiducia sono il risultato naturale dell’intesa favorita da quei fattori.
Si realizza dopo molto tempo e molto lavoro un contatto non dissimile, per sensibilità e delicatezza, a quello che può intercorrere “fra due innamorati” (Carloni, 1984), e che consegue ad una buona, vera cura genitoriale: “l’apprezzamento in analisi” (Schafer, 1983) non è irrea;listico, la cura con cui il paziente è stato trattato è autenticamente valida, anche se il suo contesto e i suoi modi sono limitati e se la sua natura è rigorosamente simbolica: “Amarci è finalmente una cosa possibile e molto buona”. “E'” come realtà psichica, non “sarebbe”come realtà concreta e fattuale. La “vivibilità simbolica” della relazione analitica, contenuta da diversi livelli di consapevolezza e di funzione genitoriale di base, richiede che ci sia del “vero” (come nei sogni), non del reale.
Che si sperimenti un vissuto rappresentabile, non che si attui un agito.
Così, in analisi, affetti, sessualità, aggressività possono essere sentiti e vissuti simbolicamente.
La consapevolezza e le garanzie di permanenza nel simbolico offerte dall’analista possono consentire il contatto con (e la comunicazione di) vissuti anche molto intensi.
Ritengo che a situazioni di questo genere possa essere riferito il concetto di “transfert erotico post-edipico” di cui parla Bonasia (2001).
Etchegoyen scrive (1986) che in ogni analisi devono esistere momenti d’amore, di innamoramento, poichè la cura riproduce le relazioni d’oggetto della triade edipica, ed è pertanto inevitabile (e salutare) che ciò avvenga.
Egli cita poi un inedito di Juan Carlos Suarez (1977), ove si tratta di un caso in cui il forte e persistente contro;transfert erotico sopravvenuto verso la fine del trattamento si rivelò un fattore non solo utile, ma necessario per portare a compimento il processo di evoluzione della femminilità della paziente.
( MATERIALE CLINICO )
Ogni analisi fa storia a sè: ogni paziente porta nella propria analisi problemi e bisogni specifici e ricrea scenari e vicende che gli sono peculiari.
Sta a noi accogliere tutte queste variabili senza pregiudizi, e trattarle nella maniera più utile per chi si affida alla cura. Per ogni nostra scelta tecnica, dovremo porci una domanda fondamentale, che trovo ben formulata da Cremerius (1988): quello che faccio, lo faccio perchè ne ho bisogno io, o perchè giova al paziente (e all’analisi, aggiungerei io)?
Così, nell’accettare che si sviluppi un’atmosfera amorosa nella relazione analitica, e nel trattarla psicoanaliticamente, dovremo tener conto dell’interesse dello sviluppo del paziente, su due versanti opposti: da un lato riconoscendo il versante dell’erotizzazione difensiva, che andrà interpretato o comunque trattato come tale.
Dall’altro, riconoscendo il versante amoroso potenziale, che va invece accolto con rispetto, salutato con gioia (è un segno di vitalità affettiva profonda), e utilizzato al meglio ai fini dello sviluppo della capacità di amare.
Se il transfert amoroso viene trattato come un transfert erotico, ne viene mortificato il potenziale che è invece positivo e arricchente per la persona.
Il transfert amoroso non è facile da trattare.
I pazienti spesso se ne vergognano; considerano narcisisticamente inaccettabile l’idea di una situazione a senso unico, in cui temono di essere gli unici a provare qualcosa per l’altro; sperimentano, in sintesi, tutta una serie di paure e di rifiuti interiori all’idea di lasciarsi andare ad un sentimento amoroso, che quasi sempre trae origine da una esperienza troppo brusca e precoce di disillusione edipica: la bambina, mortificata un tempo nei suoi ingenui sogni di far coppia col
padre adorato, non vuole più rischiare, e si tiene alla larga da tutte le fantasie, sensazioni e pensieri vari che rischino di ricondurla in quell’area di esperienza.
Io credo che a volte una paziente/figlia fobica o narcisi;sticamente algida nel transfert tema l’incesto, ma che più spesso tema il riproporsi di una insostenibile ferita narcisi;stica.
Quando la paziente/figlia ne ha veramente bisogno, l’analista/padre dovrebbe saper vedere in lei una potenziale principessa, capace e meritevole di suscitare incanto.
Ora, noi non possiamo certo decidere e programmare i nostri sentimenti controtransferali; però possiamo analizzare gli ostacoli interni (nostri ab initio, o indotti dall’altro) che ci impediscono di coltivare in noi sentimenti naturali, quali il riconoscimento e l’ammirazione per la ben compiuta speci;ficità sessuale di un altro essere umano, e la assegnazione ad un figlio (naturale o analitico) di prerogative e qualità tali da renderlo apprezzabile, stimabile e desiderabile. “Fortunato chi ti sposerà!”: in un pensiero così possono essere condensati valorizzazione e rinuncia, ammirazione, separatezza e augurio.
E’ come conferire una “dote” narcisistica prov;videnziale alla figlia, senza legarla nella sua evoluzione: ciò che, tragicamente, non seppero fare nè Edipo con Antigone, nè, come ben sappiamo, lo stesso Freud con la figlia Anna.
Io ho una mia idea, che esprimerò con un’immagine: ogni buon padre dovrebbe ballare almeno un valzer con la figlia, e mostrarsene commosso e onorato.
Ogni bimba dovrebbe aver avuto la possibilità di ballare questo valzer con il proprio papà o con un suo equivalente veramente amorevole, sentendosi stimata, valorizzata e ammirata, per poter planare con dolcezza nel prendere contatto con la sempre dolorosa disillusione edipica.
Così come ogni padre dovrebbe poi sapersi fare da parte, all’epoca giusta, per non impedire il distacco progressivo nella giovinezza, dopo avere protetto e favorito la crescita: fino a quando la accompagnerà simbolicamente all’altare, per consegnarlo al suo vero compagno sessuale adulto.
L’analista, a volte, si trova a dover percorrere le stesse fasi e a dover svolgere le stesse funzioni, fino al naturale “tramonto” del transfert amoroso: allorchè, dopo un lungo percorso psicologico che può comprendere la “realizzazione” della unione amorosa su un piano fantastico;-simbolico (a volte, ad es., con episodi di masturbazione nei quali dopo un lungo conflitto vengono integrati tenerezza e sensualità), la paziente perviene alla dolorosa, effettiva rinuncia, e quindi all’eventuale reperimento di un nuovo oggetto, realmente possibile.
S. Kavaler-Adler (1992) ha descritto molto bene alcu;ne fasi di questo processo, che dève realizzarsi in analisi in modo apprezzabilmente conscio, metabolizzando in parte anche le cariche di aggressività intrinseche all’Edipo.
Ma ciò dopo aver acquisito la capacità di amare, in un confronto sempre più consapevole con l’oggetto del desiderio edipico, riattualizzato nell’analista, col quale sono divenute possibili, nel dialogo, la confidenza, l’intimità, e la valorizzazione della sensualità e degli affetti, recuperando le configurazioni fantastiche rimosse e le quote libidiche (Squitieri, op. cit.) ad esse fissate.
Io credo che la disillusione edipica sia uno dei grandi momenti critici che segnano il destino e il modo di essere delle persone: come il parto, come lo svezzamento, come la fase acuta del conflitto edipico stesso.
In essa il bambino può precipitare a capofitto come Icaro; in analisi possiamo aiutarlo a planare dolcemente.
Da questa manovra di atterraggio dipenderà la qualità del “tramonto del complesso edipico”.
TRANSFERT AMOREVOLE
Dedicherò poche righe a questa configurazione, che è l’ultima della sequenza; in essa il torrente impetuoso si allarga e si acquieta, trasmutando in un fiume ampio, che ospita nelle sue profondità e lungo le sue rive forme di vita assai varie, e attraversa paesi diversi in un regime naturale di pacificata commensalità.
Il transfert amorevole, a mio avviso raro a vedersi, può essere definito come la trasposizione in analisi di una relazione oggettuale interna bonificata, sessualmente specificata, riconoscitiva e abbastanza liberamente apprezzativa nei confronti dell’oggetto così come delle potenzialità relazionali del soggetto stesso, nonchè rispettosa della realtà e dei limiti.
Ritengo che in molti casi la matrice originaria di questo assetto interno sia riconducibile ad una sufficientemente valida modalità depressiva, con la quale il soggetto potè elaborare il processo esperienziale della acquisizione della separatezza.
Il transfert amorevole, infatti, è frutto di temporanea rinuncia, di sublimazione e di conversione in crescita delle pretese narcisistiche onnipotenti; non della ben più comune rimozione, che genera fiumi carsici (a proposito, non so da cosa derivi il nome “Timavo”; ma induce a fantasticare: “ti amavo” – e ti amo ancora, ma sotterraneamente…).
Il transfert amorevole ha perso gran parte dell’eccitamento delle forme/fasi precedenti, ma non è una forma morta, anzi, si caratterizza per fertilità emotiva e per una fondamentale, autentica genitorialità psicologica in fieri.
E’ una fase di crescita, più che di latenza, e la si riscontra persino in certi bambini che, per un insieme certamente complesso di motivi, hanno introiettato e coltivato con affetto e ammirazione una buona coppia genitoriale, ben soprav;vissuta al conflitto edipico; e in analisi, nei pazienti che, di solito al termine della loro avventura, hanno elaborato una bonificazione profonda (Speziale Bagliacca, 1989) delle relazioni oggettuali, spesso avendo fatto drammatica espe;rienza dei gorghi e delle rapide che turbinavano a monte.
Il transfert amorevole è il riproporsi di una capacità di amare disponibile e non immediatamente necessaria, che può manifestarsi anche nelle piccole cose.
Nelle fasi finali dell’analisi esso produce nell’analista il piacere del riconoscimento e dell’incontro, la fierezza di una paternità realizzata, il dolore per l’ormai prevedibile distacco, l’ammirazione per la compiutezza della persona.
I “FATTORI DI GARANZIA” NELL’ANALISTA
Se l’analista agisce una situazione erotica con la paziente, i danni possono essere molteplici, ma io immagino che la conseguenza più grave possa essere, per la paziente, la perdita di fiducia nell’analisi, in assoluto.
Si può contattare un analista (un altro, naturalmente!) dopo un incidente, ma solo se la propria speranza e la propria stima per lo strumento psicoanalitico sono sopravvissuti all’esperienza precedente: e quando ciò si verifica, questo è certamente un buon segno prognostico.
E’ stupefacente come in certi casi l’analisi sia continuata con lo stesso analista (come ad es. in “Seduzione sul lettino”), a volte con pagamento delle sedute nelle quali si è verificato l’agito! Schizoidia, sì, e/o diniego, o più spesso ribalderia; ma forse, in qualche caso, anche oscura angoscia nel sentire confusamente che si sta facendo perdere per sempre l’analisi al paziente.
Tra i possibili fattori di garanzia che dovrebbero impedire all’analista di cadere in tentazioni erotiche con le pazienti, viene tradizionalmente citata la presumibile consapevolezza, da parte dell’analista stesso, del carattere illusorio del transfert (“La paziente non ama te come persona, ma ama un fantasma”); questa consapevolezza, che ridimensiona impietosamente le eventuali aspettative narcisistiche dell’analista, può funzionare come non trascurabile elemento aggiuntivo accanto ad altre, più importanti preclusioni di ordine etico, deontologico e tecnico.
Gli analisti sanno che questa considerazione è corretta: anche se Freud (1914) mise in evidenza. con la sua inarrivabile miscela di acutezza e di onestà intellettuale, che in ogni innamoramento in realtà – e non solo in analisi – si realizza una ricorrenza transferale, ciononostante è evidente che questo non implicava comunque l’idea che l’amore per l’analista fosse lo stesso che si prova per una persona reale, che si conosce e con la quale si interagisce al di fuori del setting analitico.
Questo non deve però consentire all’analista di trattare difensivamente il transfert amoroso (loving) come qualcosa di totalmente fasullo o incongruo, nè di evitare, anestetizzandosi internamente, l’eventuale dispiacere della rinuncia e la necessità di un assetto genitoriale stabile: di ciò conviene essere depressivamente consci in partenza; e solo se sostenuta da questa consapevolezza depressiva, questa considerazione può diventare un vero fattore di garanzia.
Credo sia onesto dire che non si deve comunque approfittare di una situazione che è almeno in parte illusoria, e che non si deve perchè ciò nuoce alla coppia analitica e alla persona del paziente; per non parlare poi dei casi di “confusione delle lingue” (Ferenczi. 1933), nei quali l’equivoco è totale, e il bisogno di tenerezza e di contatto viene scambiato per una concreta e differenziata richiesta sessuale.
Elencherò invece alcuni fattori che, secondo me, risultano davvero importanti nel consentire all’analista il giusto assetto (ricco e rigoroso al contempo) per trattare appropriatamente le “forze altamente esplosive” dei transfert erotici:
l) La costituzione di un buon Super-Io psicoanalitico (Super-Io di lavoro, secondo Schafer, 1983): egli parla di “… interiorizzare il divieto ad intimità contrarie alla tecnica”, tramite identificazioni con analista e super;visori.
2) La vita privata dell’analista (Greenson, 1966; Lopez, 1976), se è tale da soddisfarne i bisogni personali e da farlo sentire vivo e adeguatamente realizzato nella sua vita amorosa, o più in generale se il suo bilancio libidico e narcisistico è sufficientemente positivo.
3) Il gruppo dei pazienti, e la suddivisione del patrimonio controtransferale disponibile (Costa, 1990).
4) Una frequentazione autenticamente interessata di tutto quel versante della letteratura psicoanalitica che si occupa di favorire lo sviluppo della persona.
5) Il fattore decisivo, il meno intellettualizzato, quello che ritengo il più importante di tutti: l’aver raggiunto sostanzialmente, con l’analisi e con le esperienze matura;tive dell’esistenza, quello che Erikson (1963) chiamava lo stadio della generatività: la generatività dell’adulto è costituita dall’interesse a fondare e a guidare la genera;zione successiva, e ad assumersi una responsabilità genitoriale riguardo alla formazione maturativa di essa.
Sappiamo che questa generatività psicologica corrisponde ad uno stadio evolutivo della persona molto avanzato, e che essa reca in sè una sorta di piacere oblativo naturale.
Quando questo livello viene raggiunto, Ulisse può essere liberato dai suoi lacci: nelle sirene egli vedrà delle creature promettenti ma immature, che aspirano alla compiutezza del Sè.
Il suo regno, il suo letto di ulivo, sono da un’ altra parte.
1 Fiume carsico che scorre vicino a Trieste. infossandosi nel sottosuolo e ricomparendo più volle a valle.
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