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Sul masochismo. L’enigma della psicoanalisti. Riflessioni nella teoria, nella clinica e nell’arte. Recensione di Paola Freer

Si tratta di un volume molto ricco, che contiene un’ampia ed esaustiva riflessione sul masochismo a partire dalla concezione di Freud. Alla dettagliata esposizione della teoria freudiana sul masochismo segue una disamina della letteratura psicoanalitica veramente approfondita, con ampi richiami alla filosofia e riferimenti alle euroscienze. Il filone teorico principale preso in considerazione nel libro ha come autori di riferimento Freud, Laplanche e Lacan.

Seguono a questa parte teorica un’ampia sezione dedicata alla clinica del masochismo e una sezione ricca di affascinanti incursioni nell’arte, in particolare la letteratura ma soprattutto il cinema, una forma artistica molto cara all’autrice. Infine c’è una sezione intitolata “Dal soggetto alla cultura”, che tratta del rapporto del masochismo col lavoro della cultura, il Kulturarbeit freudiano, fondato sulla rinuncia pulsionale, sulla sublimazione e sul masochismo.

Nonostante la complessità e l’oscurità enigmatica dei concetti trattati, questo non risulta un testo ermetico, una qualità che rientra nello stile dell’autrice.

Sul masochismo fa parte di una trilogia che comprende un testo sulla sublimazione, pubblicato nel 2015, un testo sulla pulsione di morte, del 2016, e il presente volume, pubblicato nel 2020, che tratta un aspetto connesso alla pulsione di morte, il masochismo appunto, “enigma della psicoanalisi”, come Freud lo definì: enigma dal punto di vista economico, cioè l’enigma della paradossale ricerca del dolore da parte dell’uomo: non si tratta tanto di accettazione del dolore quanto della effettiva ricerca del dolore.

 Rossella Valdrè ripercorre approfonditamente gli scritti freudiani sull’argomento, sottolineando come la riflessione sul masochismo abbia punteggiato un po’ tutta l’opera di Freud, fin dal 1905, nei Tre saggi, dove il masochismo viene considerato secondario rispetto al sadismo. Il tema del masochismo viene poi ripreso in Coloro che soccombono al successo (1916) e in seguito ripreso in Un bambino viene picchiato (1919), fino a dedicare all’argomento un’opera specifica, Il problema economico del masochismo, che Freud pubblicò nel 1924: qui la trattazione è più completa e viene definitivamente sancito il primato del masochismo rispetto al sadismo. Freud concepirà da ora in poi il sadismo come secondario all’estroflessione del masochismo: un’estroflessione funzionale alla sopravvivenza del neonato, il quale in tal modo dirige all’esterno una quota di pulsione di morte e non soccombe ad essa.

La riflessione di Rossella Valdrè è imperniata sulla teorizzazione freudiana: il masochismo come posizione ontologica fondamentale dell’essere umano, il quale nasce nella totale passività e che verrà poi assoggettato al linguaggio dell’altro, come sottolineato da Lacan e da Aulagner. Il masochismo erogeno o primario freudiano consiste nell’impasto tra quella quota di pulsione di morte originaria ed Eros: quella “zolla paludosa”, come la chiama efficacemente l’autrice, cioè la pulsione di morte immersi nella quale nasciamo e che ristagna nell’Io, che si lega ad Eros consentendo in tal modo la vita. La misura in cui il legame con Eros si realizza dipende anche dalle qualità dell’oggetto, oltre che da fattori costituzionali.

Il masochismo erogeno nella  teoria freudiana sta dunque alla base dell’economia del masochismo ed è all’origine della vita umana. Esso rappresenta l’eccedenza pulsionale primaria, l’eccesso che caratterizza l’umano alla nascita. Secondo la definizione di Conrotto riportata nel volume, il masochismo rappresenta una “posizione libidica fondamentale” (Conrotto 2007), la base pulsionale dello psichismo.

Il masochismo viene inteso quindi come una condizione che presiede alla vita umana e la inaugura. Esso non salvaguarda solo la vita ma anche la civiltà, dato che la rinuncia pulsionale, che sta a fondamento della Kultur, può ascriversi a quello che Rossella Valdrè chiama “masochismo necessario”: cioè quella quota di masochismo indispensabile che ci consente di sopportare rinunce, frustrazioni, dolore e fatiche; di sacrificare noi stessi senza procurarci troppo danno ma consentendoci di essere generosi e altruisti. Nelle parole dell’autrice: “Il masochismo necessario sarebbe invocato per mettere ordine in questi paradossi: sopportare di non avere un corpo statuario, la castrazione dell’invecchiamento, e tollerare quel po’ di rinuncia pulsionale con la quale, come ha detto Freud, abbiamo barattato la felicità per un po’ di sicurezza, ma senza la quale la vita è schiacciata sull’oggetto, impossibilitata a ogni spostamento di meta, cioè a ogni creazione, a ogni atto culturale” (pag. 104).

E proprio l’erogeneità del masochismo primario, il suo procurare inconscio godimento (un piacere al di là, la jouissance lacaniana), sta a fondamento delle resistenze dei pazienti, motivando il dolore e il persistere del sintomo.

Il concetto di passività assume qui un valore imprescindibile: il neonato nasce sub-jectum, sottolinea l’autrice, cioè soggiace all’eccesso pulsionale che preme. Secondo il concetto di hilflossigkeit freudiano, si nasce totalmente inermi rispetto all’adulto, rispetto alle cure prestate, cure che verranno erotizzate. Laplanche, uno degli autori di riferimento dell’autrice, nell’ambito della sua nota teoria della seduzione generalizzata, amplia il concetto di passività, intesa non solo nella relazione reale con l’adulto, ma come “passività nei confronti del fantasma dell’adulto che si introduce dentro di lui”: il fantasma dell’adulto, il suo inconscio sessuale, intrude nell’infans. Qui si pone quindi l’accento sulla passività del bambino rispetto all’attività dell’inconscio dell’adulto e si sottolinea come pertanto la nostra realtà psichica agli esordi della vita deriva necessariamente da un’intrusione, ponendosi come “condizione antropologica universale”, che prevede una relazione asimmetrica dell’infans che rimane passivo rispetto alla seduzione esercitata dall’inconscio sessuale dell’adulto (Laplanche , 1970).

Questa posizione di passività primaria con cui veniamo al mondo può sempre essere re-investita libidicamente in determinate circostanze di vita, dando luogo pertanto a condotte masochistiche più o meno marcate.

Oltre al masochismo erogeno, Freud individuò una seconda categoria di masochismo, cui dette il nome di “masochismo femmineo”, termine col quale si sono creati equivoci a causa del fraintendimento sul termine femmineo, che è stato inteso come femminile: in realtà Freud si riferisce alla presenza di fantasie sessuali prevalentemente maschili, fondate sul piacere del dolore ottenuto attraverso fantasie di passività che riguardano il subire maltrattamenti ed umiliazioni. Queste, nella lettura freudiana, rimandano all’esperienza di subire il coito e il partorire, e in questo senso quindi egli utilizza il termine femmineo, cioè una posizione femminile connessa all’angoscia di castrazione. Nel volume viene dedicato un approfondimento di alcune pagine proprio sulla questione del masochismo femminile.

Una terza categoria fu denominata da Freud masochismo morale, cioè quella forma di masochismo cui ci si riferisce comunemente. Esso è legato alla colpa e al bisogno di punizione: qui il sadismo del Super-Io si aggancia al masochismo dell’Io. Nel masochismo morale si ha la sessualizzazione della moralità ed il soggetto gode della punizione morale come di una soddisfazione sessuale. Il masochista morale dunque non è affatto morale, la morale viene erotizzata e il bisogno di punizione risponde alla ricerca di godimento.

I numerosi casi clinici esaminati nel volume sono ampiamente esemplificativi. Come il caso di Marco, che compie il suo atto di rinuncia, di vanificazione del suo impegno, del rovinare con le sue stesse mani l’importante conquista in ambito lavorativo: viene messa in evidenza la rinuncia dovuta alla punizione per il senso di colpa che Marco provava nel superare il genitore fantasmatico e viene anche sottolineato il suo ripiegamento narcisistico anoggettuale, la spinta verso il nulla, verso una condizione onnipotente, “una quiete onnipotentemente fusa con l’oggetto arcaico ideale, che non pone limiti, non espone a frustrazioni, un seno perennemente presente” (pag. 284).

O ancora, la dinamica masochistica è messa in luce nel caso di Anna, che attraverso le sue abbuffate notturne autodistruttive “si stordisce e non pensa più a niente”, dove l’esperienza iniziale di piacere viene violentemente parassitata dal godimento masochistico.

Un altro punto nodale di grande interesse nel volume è il rapporto tra masochismo e narcisismo, un tema questo che l’autrice considera uno dei principali apporti post-freudiani sul masochismo. Scrive Rossella Valdrè: “Coagulando, attraverso il masochismo, tutta la libido sull’Io, concentrato esclusivamente sul suo piacere inconscio…il masochista nutre il narcisismo, non vede l’altro, non si fa normare dall’altro” (pag. 280).

Tra gli autori che più hanno contribuito ad evidenziare il rapporto tra masochismo e narcisismo, viene fatto riferimento alla brillante intuizione di Theodor Reik secondo cui il masochista, contrariamente allo stereotipo che lo vuole un perdente, inerme e impotente, in realtà si impone all’attenzione dell’altro, vuole essere notato, ha esigenza di mostrarsi spesso violentemente nella sua condizione di sofferenza, e ottiene “vittoria attraverso la propria sconfitta” (Reik, 1941), in quanto il sacrificio rende onnipotenti. Reik riconduce il masochismo, oltre che a motivi costituzionali, anche ad importanti frustrazioni narcisistiche che stanno alla base della sintomatologia masochistica.

Su questo punto l’autrice si richiama anche a Lacan (1962-63; 1970) che afferma che il masochista vuole non tanto il desiderio dell’altro, bensì mira a suscitare l’angoscia, essendo l’angoscia dell’altro quanto mai indicativa del suo desiderio. Lacan parla di “farsi oggetto”, ed in particolare del farsi “oggetto scarto” attraverso il suscitare l’angoscia dell’Altro: il voler suscitare angoscia configura quindi il masochista come soggetto attivo, tutt’altro che passivo. Tuttavia per Lacan nel masochismo la meta ultima della pulsione non è la risposta dell’altro, bensì la jouissance in sé, il godimento al di là, indifferente all’oggetto: “un piacere antivitale, antidesiderante” , lo definisce l’autrice.

Fondamentale per il rapporto tra narcisismo e masochismo è il lavoro di Storolow, che approfondisce il rapporto tra masochismo e narcisismo sottolineando importanti frustrazioni narcisistiche pre-edipiche: Storolow (1975) parla di “mortificazione narcisistica primaria”che egli mette in relazione con lo strutturarsi del carattere masochistico: il masochismo ristabilisce la coesione del Sé attraverso la sofferenza, può dare ristoro al narcisismo nel ripagare il soggetto di antiche frustrazioni, ripagarlo cioè di quella “mortificazione narcisistica primaria”.

Il dolore quindi procura protezione e onnipotenza. L’apporto narcisistico del masochismo si configura come una delle possibili economie del masochismo, in cui cioè il masochismo stesso può svolgere una funzione difensiva, un’estrema protezione contro il crollo narcisistico.

Nelle parole dell’autrice: “non posso colpire te, quindi colpisco me decidendolo io …per reagire, ribaltare la terribile dipendenza che l’essere umano, unico tra tutti gli animali, vive così a lungo ripetto al caregiver. Il masochismo non solo, quindi, come dolore erotizzato e quindi piacevole, ma come estrema, disperata manovra difensiva rispetto alle angosce del bambino inerme nelle mani dell’altro” (pag. 53).

Dunque, osserva l’autrice, il concetto di masochismo vede concordi autori appartenenti ad aree concettualmente anche lontane: infatti si può concepire il masochismo come componente strutturale fondante dell’apparato psichico, in cui cioè esso viene considerato come primario nella psiche e che assume una connotazione patologica se eccessivo; oppure il masochismo può essere inteso come aspetto difensivo, finalizzato a evitare il crollo narcisistico; oppure ancora può venir considerato come esito di traumi precoci e quindi una deviazione dello sviluppo. Resta il concetto basilare secondo cui un dolore può diventare fonte di piacere: che lo si intenda come ribaltamento della meta pulsionale oppure come difensivo, protettivo, siamo comunque di fronte all’enigma del dolore come fonte di piacere e come fattore di protezione nell’equilibrio narcisistico.

 

 

BIBLIOGRAFIA

Conrotto F (2007), Il masochismo: da posizione libidica fondamentale ad operatore della Kultur Rivista di psicoanalisi, LII, 2, pp 309-330

Freud S. (1924), Il problema economico del masochismo, OSF, 10

Lacan J (1962-63), Il seminario. Libro X. L’angoscia, Torino, Einaudi, 2007

Lacan J (1964), Il seminario. Libro XI. I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi, Torino, Einaudi, 2003

Laplanche J (1970), Vita e morte nella psicoanalisi, Roma, Laterza, 1972

Reik T (1941),  Il masochismo nell’uomo moderno, Firenze, Sugar Edizioni, 1963

Storolow R.D. (1975), The narcissistic function of masochism (and sadism), “Int J Psychoanal.”, 56, pp. 441-448

 

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