Buio in sala 2013
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Scialla, proiezione del 8 novembre

8 novembre 2013

Scialla

di Francesco Bruni

(Italia 2011, 95′)

 

Commento di Giuseppe Saraò

Luca, studente svogliato cresciuto senza un padre, prende ripetizioni da Bruno, professore indolente e solitario che ha lasciato l’insegnamento per dedicarsi alla scrittura. Quando la madre di Luca deve lasciare l’Italia per lavoro, i due si trovano costretti a una difficile convivenza, che li porterà a una reciproca scoperta e ridefinizione delle proprie responsabilità. Nei toni leggeri della commedia, una storia che si interroga sul significato del crescere.

Commento di Giuseppe Saraò

Scialla è un film gradevole,leggero, ironico a tratti parodistico, ma con profonde intuizioni sui processi di crescita, ci fa pensare e riflettere sulla fisiologia della crescita di un 16 enne alle prese con l’assenza e l’incertezza sulle origini paterne. Un film che si sviluppa su un sottile crinale tra il disagio e le possibilità evolutive dell’adolescenza.

Il tema centrale è come si diventa figli con il proprio padre e dopo questo come si arriva a diventare adulto? La stessa domanda, capovolta, si può porre al padre e cioè come si fa ad essere padre e poi permettersi di poter invecchiare?

Luca è un figlio simpatico, decisamente spaccone, utilizza un gergo e un linguaggio adolescenziale: “scialla”, stai sereno, tranquillo. E’ un modo di pensare, di essere, una filosofia di vita che contrasta con quella degli adulti; è anche un gioco con cui gli adulti si devono confrontare, una lingua tra l’essere bambino e diventare adulti. Sappiamo che il linguaggio adolescenziale e la stessa adolescenza rappresentano una sorta di moratoria sociale, una dimensione transitoria, un dialetto che può essere condiviso con i pari. Luca tra i coetanei è un leader naturale, un “buono” travestito da indolente, che soprattutto a scuola diventa oppositivo e ribelle. Pensa a grandi imprese, è anche troppo cresciuto rispetto agli altri coetanei; vuol passare alla storia, ha una grande attenzione alla cura del proprio corpo, il pugilato è la sua passione. Non sa chi è il padre, non ha avuto il coraggio di chiederlo alla madre, fantastica che sia un grande criminale (“si fanno rispettare”) o un grande combattente (medaglia al valore, guerra in Iraq), afferma con sicumera che non è importante. Eppure sappiamo che il diritto alla filiazione è uno dei diritti fondamentali degli esseri umani: La filiazione è ben diversa dal concepimento, ogni essere umano ha diritto di sapere da dove origina e soprattutto dove si inserisce nella catena generazionale. In modo particolare per la paternità questo è un diritto centrale: infatti, a differenza della madre che è sempre certa, il padre è fatto dagli altri, sono la madre e la famiglia che lo costituiscono e lo presentano al figlio.

Nel film si legge bene il processo di filiazione.: alla fine si viene a creare un figlio ma anche un padre. Perché sono importanti i processi di filiazione? Perché mettono in scena il tema delle origini. Pensiamo alle adozioni, alle famiglie allargate e ricomposte, alle ardite tecniche di fecondazione. L’antropologia moderna e la psicoanalisi si trovano d’accordo nel considerare che i sistemi di parentela si costituiscono attraverso due assi fondamentali: la differenza dei sessi e la differenza delle generazioni. Sappiamo che la psicopatologia dei sistemi di filiazione produce scenari immaginari e spesso deliranti con temi relativi alla auto-generazione e talvolta alla partenogenesi.

La madre di Luca fa un’operazione importante: ufficialmente deve andare via per lavoro (in Mali per diversi mesi), ed ha bisogno che qualcuno l’aiuti. E’ il suo modo di presentare il padre, costringe Bruno a prendersi cura del proprio figlio. Si può facilmente pensare che la madre sia troppo “accollata” al figlio, c’è la sessualità che preme, comunque fa fatica confrontarsi con una adolescenza turbolenta! C’è bisogno di una figura terza: cosa c’è meglio di un padre? L’adolescenza non è una malattia, ma una lunga e spesso tormentata crisi normativa, grandi energie in campo (il pugilato), grandi conflitti (con l’insegnante e l’autorità), c’è bisogno di avere l’intima sicurezza di essere riconosciuti da coloro che contano (gli amici della scuola). E’ notorio che l’adolescenza è una zona di attesa e di esperienze, un lungo indugio in attesa di una scelta definitiva; ci sono le fantasie su cosa farò da grande, una energica competizione attraverso una auto-definizione psicosociale.

Sull’altro versante Bruno continua a coltivare, in maniera indolente, gli studenti e non lo fa solo per soldi, si intuisce che c’è una vera passione per il sapere antico letterario. Cosa ci si aspetta da un padre? Che il giovane si possa identificare con lui, che sia capace di differire i suoi slanci pulsionali, anche possibilmente di sublimarli. Sappiamo che i genitori degli adolescenti affrontano complesse elaborazioni psichiche, con una riattivazione della propria adolescenza e nel contempo è necessario un impietoso confronto con la menopausa e con l’invecchiamento. Soprattutto i genitori si devono raffrontare con il desiderio narcisistico dell’immortalità e rinunciare, spesso in modo traumatico, ai desideri pigmalionici: creare e plasmare l’altro a propria immagine e somiglianza!

Bruno scrive i libri degli altri e Luca senza pudore gli dice: “ma non ti rode?”. E’ un “gatto da termosifone … spento”, un gatto senza artigli, gioca molto, è autoironico e questo lo rende simpatico e umano. Ma non graffia, è castrato, non incide, si lascia vivere, è imbolsito, non può vivere per i suoi obiettivi (la letteratura e la scrittura), è in attesa di diventare anziano, è rimasto incompiuto come uomo (le cassette pornografiche), e come scrittore. Si può ipotizzare che abbia avuto un’adolescenza incompiuta; coltiva attivamente il mito dell’antieroe.

Il genitore dell’adolescente incontra e deve smitizzare personaggi come Narciso, Pigmalione e naturalmente Edipo; ma è Cronos il personaggio più importante: da sempre e senza pietà divora la prole, mangia ciò che ha generato (un maschile ancestrale), un padre oppressivo e ossessionato che non fa crescere il figlio! Per fortuna Bruno non è così: all’inizio è un padre molle, poi grazie a Luca e allo scontro duro con la realtà riacquista il suo ruolo, diventa gatto che graffia e che aggredisce per difendere il suo territorio-figlio, scende finalmente dal caldo termosifone. Grazie alla dura scena in cui viene picchiato e poi riconosciuto dal boss (il poeta), si realizza qualcosa di inaspettato e straordinario che cambia il corso degli eventi: può diventare finalmente un mito per il proprio figlio, può assumersi la responsabilità di padre senza ostentare cinismo e passività. Grazie a Luca può invecchiare con dignità: molto bella e poetica la scena del giardino, sullo scivolo, quando avviene il dis-velamento del segreto. Entrambi prendono contatto con la toccante intimità del rapporto padre-figlio e per questa intensità che potrà riprendere lo scorrere del tempo e della vita. Il padre parla della notte d’amore a Mantova: è importante che Luca sappia che è nato da una vera passione anche se passeggera. Alla discesa giocosa dello scivolo arriva il mal di schiena. Ecco l’immagine antica di Enea-figlio che si prende cura di Anchise-padre. Attraverso una genuina affettuosità ora Luca avrà il diritto di prendersi cura del padre e questo potrà accettare di essere anche una persona fragile. Bruno può invecchiare davvero, anche per questo riprende la sessualità (la pornostar), e può diventare centrale il desiderio di intimità e prendere il giusto posto rispetto al desiderio autarchico di tipo masturbatorio. Ora può giocare e accettare il suo tempo, si può permettere di farsi portare in motorino dal figlio, con la madre che li guarda intenerita e compiaciuta rispetto a qualcosa di intensamente familiare. Forse Bruno riprenderà a scrivere cose proprie, avrà il coraggio di competere in un mondo di adulti, senza sentirsi un fallito. In fondo il motorino guidato dal figlio potrebbe significare che un transito generazionale è avvenuto, che anche Luca può prendersi cura non solo dei suoi genitori ma anche della sua strada.

L’intimità ritrovata e il dissolvimento del segreto della discendenza paterna ha permesso alle tre vite (madre-padre-figlio), di riprendere in mano il proprio destino; la vita non è più bloccata, può continuare, il confronto generazionale è avvenuto, lo scontro generazionale è superato, l’adolescenza può fluire verso lo sbocco, verso una vita piena e compiuta.

Si può pensare di fare un altro film con un finale diverso: il segreto sulla nascita non viene infranto, il padre non dice la verità, mantiene il segreto; un finale molto più drammatico, facciamo un esercizio, finisce male!

Luca si addentra sempre di più nella tossicofilia e nel mondo della delinquenza organizzata, sarebbe stato un tossico o un piccolo poeta, magari in carcere? Un pugile suonato dagli eventi della vita. Bruno invece diventa depresso, definitivamente cronico, senza speranza di un futuro, segnato da un corpo che si sfalda, una solitudine disperante e triste.

Una madre che non riesce a rientrare a Roma, che si perde alla ricerca di una propria identità di donna, che non riesce a portare a termine la funzione di madre, che non riesce a svincolarsi da una sessualità prorompente di un figlio-maschio adolescente.

Meglio il lieto fine del film “Scialla” e la speranza di vivere una vita piena di naturali infelicità umane!

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