Questo mio intervento ripropone l’interrogarsi su come lavori il pensiero gruppale in diverse situazioni, su come si possa operare per fruire della generatività del gruppo di lavoro, facendo contemporaneamente fronte alle difficoltà insite nel gruppo stesso. Un tema, quello del pensiero gruppale che è stato oggetto di due giornate di studio pisane da cui prenderò spunto per aprire i lavori di questa mattina
Il pensiero gruppale rimanda alla nascita del pensiero, a ciò che sta prima del pensiero sia nel paziente che nell’analista, alla funzione psicoanalitica della mente dell’analista che è capace di oscillare tra l’individuale e il gruppale
Il punto che prende rilievo in questa visione è la concezione di una gruppalità primitiva . Wilfred Bion l’ha introdotta in ambito psicoanalitico come un costituente protomentale : in Esperienze nei gruppi afferma che il gruppo è essenziale per lo sviluppo della vita psichica dell’uomo e in Memoria del futuro illustra le molteplici parti della personalità mettendo in scena vari gruppi di persone che si incontrano e comunica l’idea di gruppo interno all’individuo , che lavora per aprire la mente agli infiniti pensieri che attendono di essere pensati. Donald Meltzer parla di una dimensione originaria protomentale gruppale, vita primitiva forse tribale nelle profondità della mente insita nella psiche individuale . e Giovanni Hautmann formula il concetto di un Sé gruppale primitivo che, attraverso il vissuto di una fusionalità primitiva intesa come fusione- indifferenziazione individuo gruppo, contiene un sentimento di appartenenza psicobiologica alla società degli uomini come gruppo per cui nelle situazioni gruppali che gli individui incontrano nel percorrere la loro esistenza avviene un confronto con i livelli più profondi della fondazione del Sé
Altri analisti si sono occupati della dimensione gruppale della mente: tra questi Kaes , che teorizza un apparato per pensare gruppale e afferma che ciascuno nasce nel e dal gruppo: la psiche individuale include fin dalla nascita una rete di modalità relazionali cui l’individuo partecipa
Anna Ferruta, appoggiandosi alla teorizzazione di Kaes , descrive la gruppalità intrapsichica come l’insieme degli elementi scissi e dispersi (non-me ) che cerca di riunirsi con la consapevolezza conscia ,attraverso l’operare della mente dell’analista.
Sulla linea di questo filone di pensiero, che pone l’accento sulla pluralità dei personaggi che abitano il mondo interno di ogni individuo il mio interesse si è orientato versi i fenomeni gruppali nella trasmissione transgenerazionale, quei funzionamenti gruppali che fanno pensare all’attivarsi di un pezzetto di DNA assunto ad insaputa del soggetto stesso, che viene da generazioni passate
Nel percorso con pazienti in analisi ho fatto esperienza di un’apertura del campo analitico all’emergere della gruppalità interna del paziente , ad una pluralità di personaggi che si presentano sullo scenario analitico quali personalità straniere che reclamano un riconoscimento .L’ombra di gruppi interni sconosciuti viene ad aggiungersi alle freudiane ombre dei genitori. Il campo analitico si apre all’emergere della gruppalità, si trasforma in un campo multipersonale, abitato non solo dalla coppia analitica, ma anche dalla gruppalità del paziente e dalla gruppalità dell’analista, da parti del paziente e da parti dell’analista e da parti di persone vissute prima di loro: resti che uniscono le generazioni.
Ho in mente il sogno di giovane paziente e del mio controtransfert: al racconto di un viaggio in terra straniera dove un gruppo procede in processione, io mi sento e trascinata in quel gruppo, come in una gruppalità anonima; sono presa da un turbamento e dia un senso di estraneità mentre avverto la mia mente frequentata/invasa da una moltitudine indistinta .Sto sperimentando- mi dico- stati primitivi della mente , una condizione in cui aspetti individuali e gruppali sono ancora indistinti, immersi in una psiche-soma magmatica e confusa. Seguendo e accompagnando il paziente in un lento, angosciante e faticoso tragitto tra ombre e chiaroscuri attraverso un deserto prima e luoghi sotterranei dopo , transitando attraverso un labirinto insidioso , fino a ritrovare la luce -sono riuscita a ritrovare un sentimento di identità analitica, rispecchiando il procedere del paziente verso una propria individualità che si staglia e finisce per relazionarsi con il gruppo di appartenenzaMa questa dinamica appartiene anche alla situazione gruppale dove personaggi diversi si intrecciano tra di loro dando voce a qualcosa che ha a che fare con le gruppalità sia dei partecipanti che del conduttore .
Tornando a pensare intorno ai seminari di supervisione analitici di gruppo, mi sembra utile – e spero che questo sia un punto che si svilupperà nella discussione- confrontare tra loro supervisioni in gruppo condotte da analisti diversi, per capire quanto ogni proposta tecnica scaturisca dalla peculiarità e dallo stile personale del conduttore. Mi riferisco cioè a modelli di lavoro che pongono al centro il funzionamento mentale del supervisore e modelli che pongono al centro il funzionamento del gruppo.
Nella mia esperienza di partecipazione ai seminari di supervisione con Meltzer, sia nel grande gruppo a Firenze presso l’Associazione Fiorentina di Psicoterapia Psicoanalitica e al Calambrone presso la Stella Maris, sia nel piccolo gruppo a Gromignana il gruppo era in una posizione di ascolto della supervisione, mentre Meltzer mostrava come funzionava la sua mente al lavoro nel dare forma al suo pensiero sul paziente . Ricordo che Meltzer faceva molte domande per riuscire a entrare nel clima della seduta, Stava spesso con gli occhi chiusi (e noi temevamo che si fosse addormentato perché gli avevamo riversato dentro i nostri dubbi e le nostre angosce oppure pensavamo che il materiale fosse noioso e pesante), scivolava in uno stato intermedio tra la veglia e il sonno, uno stato di reverie, dal quale emergeva costruendo, con la sua “abilità inventiva” una nuova direzione verso una comprensione della seduta sottolineando la sua prospettiva personale . Meltzer costruiva un quadro così personale e completo che non era facile portare contributi da parte dei partecipanti Si aveva l’impressione di essere stati in quella stanza di analisi, dove era avvenuta la seduta presentata e di avere appreso molto sul metodo psicoanalitico e su come si formano le interpretazioni nella mente dell’analista
Ugualmente nei seminari di Rosenfeld , alcuni ascoltati direttamente a Venezia, altri mutuati dall’esperienza di colleghi a Milano, la supervisione era centrata sulla relazione analista-paziente con un’attenzione volta agli aspetti transferali, mentre il funzionamento del gruppo non aveva rilievo
Ancora lo stile di conduzione del gruppo di supervisione di Ferro pone al centro del suo interesse l’idea che un personaggio descritto nel materiale possa assumere vari livelli di significato, da quello reale a quello inerente il mondo interno, dalla relazione transferale fino al livello indicato come “l’ologramma affettivo” che narra la qualità del campo bipersonale presente. Alla presentazione del materiale clinico segue da parte di Ferro un intervento che si va arricchendo di immagini da film, di opere letterarie intorno a un punto centrale scelto. I romanzi e le storie appaiono come condensati narrativi con cui viene descritta la relazione ferapeutica Il gruppo di supervisione tende a collegarsi alle associazioni da lui presentate per creare nuove narrazioni. Quindi il suo modello di conduzione dl gruppo di supervisione rivela una prospettiva volta ad attivare la funzione immaginativa dei partecipanti
D’altra parte ci sono psicoanalisti – Hautmann, Boccanegra, Ferruta, Neri Correale, – interessati funzionamento del gruppo e al pensiero gruppale, che nella supervisione lasciano spazio al lavoro di gruppo, ponendosi in una posizione nella quale il conduttore cerca di cogliere una valenza di pensiero gruppale ,scolorendo la propria individuale interpretazione del caso presentato, per riassorbirla nella sua lettura gruppale . “ Io non farò una supervisione, ma la farò fare a voi e vi supervisionerò mentre la fate “ comunica Hautmann ai partecipanti al gruppo .(Brignone , a cura di,1999,pag.21)
Nell’intervista riportata all’inizio del volume, che stiamo presentando G.Hautmann ci dice come il gruppo divenga interlocutore di un dialogo con l’analista-conduttore, che sente di tenere dentro di sé una componente gruppale che aiuta la comprensione e la recezione del messaggio dell’altro e come tutti nel gruppo siano importanti nonostante il silenzio di qualcuno perché anche chi è silenzioso è comunque “portatore di un messaggio che non si esplicita, ma che in seguito potrà trovare il modo di esplicitarsi” ( 2013,pag10)
I contributi dei partecipanti, anche quelli più scollegati in apparenza vengono trattati dal conduttore come associazioni libere, collegati tra loro in un lavoro psicoanalitico nel qui e ora e ogni singolo intervento è collegato al lavoro mentale del gruppo. I partecipanti si sentono non spettatori della coppia conduttore terapeuta che presenta il caso, ma protagonisti attivi nel processo di riflessione. (A.Suman 2005)
Via via nel procedere del lavoro il gruppo si va configurando come la cassa di risonanza degli aspetti dissociati della mente del paziente e i contenuti proposti dai componenti del gruppo possono rappresentare frammenti sparsi ( della mente del paziente) in cerca di un contenitore che dia loro un significato Più viene favorita la spontaneità del gruppo, più il gruppo esprime le sue impressioni che, se accolte e integrate ( anche quando appaiono “dissociate” dal materiale),si vanno organizzando in elementi alfa che permettono il nascere pensieri onirici . L’attività mentale del gruppo e del conduttore va assumendo sempre più una dimensione onirica . Sembra proprio che in questi gruppi si vadano a toccare i diversi complessi aspetti del funzionamento mentale e sia possibile indagare una realtà mentale nel momento stesso in cui si svolge. E qui va sottolineata l’importanza della funzione analitica che il conduttore svolge indirizzata a fornire al gruppo un contenitore significante per le sue sensazioni-produzioni “un luogo mentale- scrive Hautmann- in cui sensorialità complesse, emozioni e fantasie possono formarsi ed essere liberamente espresse”(Hautmann 1996 ) L’analista conduttore funziona da attivatore e da contenitore del lavoro mentale del gruppo, che da rappresenta la mente del paziente e il cui funzionamento ricalca il modello della situazione analitica
“L’analista lavora con tutto se stesso, un’entità complessa che sente di tenere dentro di sé la gruppalità presente anche nel lavoro individuale ”.. …”Il lavoro con il gruppo dilata quella parte dell’attenzione e del coinvolgimento analitico che nell’analisi individuale è attivata dalla base gruppale primitiva propria degli aspetti elementari della mente del paziente” ….”.il confronto con il gruppo è come l’uso di una lente di ingrandimento, con cui tornare a contattare il singolo individuo, in cui allora è più facile percepire la molteplicità: il gruppo reale allena a cogliere il gruppo all’interno dell’individuo “(2013,pag12)
L’importanza dello stile dell’analista conduttore è sottolineata da Roberto Mazza nel suo intervento “….il conduttore può offrire ai partecipanti qualcosa di simile a quanto avviene in seduta individuale allorché il paziente percepisce a livello inconscio il modo di lavorare del proprio analista e viceversa”. Il conduttore offre quel “tutto se stesso”…! La sua capacità di far germinare dal proprio apparato mentale pensieri nuovi proprio grazie alla circolarità attivata nel gruppo che promuove intuizioni”.(2013,pag 139) , una sorta di amplificazione della funzione analitica della mente che si produce nel gruppo a partire dalla presentazione del materiale clinico:
E pensiamo alla mente al lavoro dell’analista quando Neri ci parla della sua idea di presentare, in un percorso di supervisione, un suo “testo mirato”, scritto e creato apposta da lui per quel gruppo di lavoro con quel problema, in cui esplicitare alcune problematiche legate a quella situazione e permettere agli operatori di avere il testo prima della supervisione, per poterlo pensare e poi discutere assieme . Grazie alla sua intuizione, permette a quel gruppo di “osare dei pensieri” attorno al suicidio di un paziente che risultava profondamente angosciante e impensabile. Ci appare questo intervento scaturire da un contatto profondo con il dolore degli operatori e cercare assieme a loro una modalità per affrontarlo. L’idea di Neri sembra attingere proprio al suo inconscio gruppale, a quel “tutto se stesso” che ha sentito come, in quella situazione, risultasse necessario trovare una trama – il testo mirato appunto – su cui depositare l’esperienza emotiva del gruppo.
Augurandomi che queste mie note siano di stimolo a porci interrogativi, volti a trovare il senso di queste esperienze ed a approfondire la qualità degli strumenti che facilitino il pensare in gruppi di lavoro nelle istituzioni, desidero concludere con le parole di Paul Valery che prendo a prestito per descrivere il lavoro mentale gruppale come
“ una scintilla in una camera di specchi , che anima un’infinità di figure e di relazioni impresse tra queste figure”
Novembre 2014
Bibliografia
Bion W(1961) Esperienze nei gruppi, Armando , Roma,1972
Bion W. (1975(,Memoria del futuro, Raffaello Cortina, Milano, 1993
Brignone A,(a cura di)(1999) I seminari analitici di gruppo di Giovanni Hautmann, Ets, Pisa
Ferro A(2000) Teoria e tecnica della supervisione psicoanalitica. Seminari clinici di San Paolo, Raffaello Cortina, Milano
Ferruta A (2013)Come lavora il pensiero gruppale in differenti situazioni cliniche in Gabbriellini G (a cura di) Il pensiero gruppale nel lavoro con il paziente, nelle supervisioni, nei servizi, Felici,Pisa
Gabbriellini G., Raffaella Tancredi,(2013) Intervista a Giovanni Hautmann in Gabbriellini G (a cura di) Il pensiero gruppale nel lavoro con il paziente, nelle supervisioni, nei servizi, Felici,Pisa
Hautmann G(1996) Pellicola di pensiero:sensorialità,emozione, gruppalità, relazione nella veglia e nel sonno, in Il mio debito con Bion, Borla, Roma, 1999
Hautmann G(2010) Il paziente tra la dualità analitica e la molteplicità gruppale in Gabbriellini G(a cura di) Giovanni Hautmann e il pensiero gruppale, Felici, Pisa
Kaes R(2007) Un singolare plurale, Borla, Roma
Mazza R (2013 Supervisione e lavoro di gruppo nei servizi pubblici in Gabbriellini G, (a cura di) Il pensiero gruppale nel lavoro con il paziente, nelle supervisioni, nei servizi, Felici,Pisa
Meltzer D (1982)Apparato protomentale e fenomeni somatopsichici in Gruppo e Funzione Analitica III,
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Neri C, (2013)Servizi psichiatrici territoriali: qualcosa di più della discussione del caso clinico nella supervisione di gruppo?in Gabbriellini G (a cura di) Il pensiero gruppale nel lavoro con il paziente, nelle supervisioni, nei servizi, Felici,Pisa
Suman A(2005) Lavorare insieme, Supervsione di gruppo e gruppo di supervisione in Contrappunto, 36