Libri
Lascia un commento

Presentazione di Gabriela Gabbriellini a “Il pensiero gruppale nel lavoro con il paziente, nella supervisione, nei servizi.”

il pensiero gruppaleFRESCHI

 

Questo mio  intervento  ripropone l’interrogarsi su come lavori il pensiero gruppale in diverse situazioni, su come si possa operare per fruire della generatività del gruppo di lavoro, facendo contemporaneamente fronte alle difficoltà insite  nel gruppo  stesso.   Un tema, quello del pensiero gruppale che è stato oggetto di due giornate di studio pisane da cui prenderò spunto per aprire i lavori di questa  mattina

Il pensiero gruppale rimanda alla nascita del pensiero, a ciò che sta prima del pensiero sia nel paziente che nell’analista, alla funzione psicoanalitica della mente dell’analista che è capace di oscillare tra l’individuale e il gruppale

Il punto che prende rilievo in questa visione è la concezione di una gruppalità primitiva . Wilfred Bion l’ha introdotta in ambito psicoanalitico come un costituente protomentale : in Esperienze nei gruppi afferma che il gruppo è essenziale per lo sviluppo della vita psichica dell’uomo e  in Memoria del futuro  illustra le molteplici parti della personalità mettendo in scena vari gruppi di persone che si incontrano e comunica l’idea di gruppo interno all’individuo , che lavora per aprire la mente agli infiniti pensieri che attendono di  essere pensati. Donald Meltzer  parla di una dimensione  originaria  protomentale gruppale, vita primitiva forse tribale nelle profondità della mente insita nella psiche individuale . e Giovanni   Hautmann   formula il concetto di un Sé gruppale primitivo che, attraverso il vissuto di una fusionalità primitiva intesa come fusione- indifferenziazione individuo gruppo, contiene un sentimento di  appartenenza psicobiologica alla società degli uomini come gruppo per cui nelle situazioni gruppali che gli individui incontrano nel percorrere la loro esistenza  avviene un confronto con i livelli più profondi della fondazione del Sé

Altri analisti si sono occupati della dimensione  gruppale della mente:  tra   questi  Kaes  , che teorizza un apparato per pensare gruppale e afferma che ciascuno nasce nel e dal gruppo: la psiche individuale include  fin dalla nascita una rete di modalità relazionali cui l’individuo partecipa

Anna Ferruta, appoggiandosi alla teorizzazione di Kaes , descrive la gruppalità  intrapsichica come l’insieme degli elementi  scissi e dispersi (non-me ) che cerca di riunirsi con la consapevolezza conscia ,attraverso l’operare della mente dell’analista.

Sulla linea di questo filone di pensiero,  che pone l’accento sulla pluralità dei personaggi che abitano il mondo interno di ogni individuo il mio interesse  si è orientato versi i fenomeni gruppali nella trasmissione transgenerazionale, quei  funzionamenti gruppali che fanno pensare all’attivarsi di un pezzetto di DNA assunto ad insaputa del soggetto stesso, che viene da generazioni passate

Nel percorso con pazienti in analisi  ho fatto esperienza  di un’apertura del campo analitico all’emergere della gruppalità interna del paziente , ad una pluralità di personaggi che si presentano sullo scenario analitico quali personalità straniere che reclamano un riconoscimento .L’ombra di gruppi interni sconosciuti viene ad aggiungersi alle freudiane ombre dei genitori. Il campo analitico  si apre all’emergere della gruppalità, si trasforma in un campo multipersonale, abitato non solo dalla coppia analitica, ma anche dalla gruppalità del paziente e dalla gruppalità dell’analista, da parti del paziente e da parti dell’analista e da parti di persone vissute prima di loro: resti che uniscono le generazioni.

Ho in mente il sogno di  giovane  paziente e del mio controtransfert: al racconto  di un viaggio in terra straniera dove   un gruppo  procede in  processione,   io mi sento e trascinata in quel gruppo, come in una gruppalità anonima; sono presa da un turbamento e  dia un senso di estraneità  mentre avverto la mia mente frequentata/invasa da una moltitudine indistinta .Sto sperimentando- mi dico- stati primitivi della mente , una condizione in cui aspetti individuali e gruppali sono ancora indistinti, immersi in una psiche-soma magmatica e confusa. Seguendo e accompagnando il paziente in un lento, angosciante e faticoso tragitto  tra ombre e chiaroscuri  attraverso un deserto prima e  luoghi sotterranei  dopo , transitando attraverso un labirinto insidioso , fino a ritrovare la luce -sono riuscita a ritrovare un  sentimento di identità analitica, rispecchiando il procedere del paziente verso una propria individualità che si staglia e finisce per relazionarsi con il gruppo di appartenenzaMa questa dinamica appartiene anche alla situazione gruppale dove personaggi diversi si intrecciano tra di loro dando voce a qualcosa che ha a che fare  con le gruppalità  sia dei partecipanti che del conduttore .

 

Tornando a pensare intorno  ai seminari  di supervisione  analitici di gruppo, mi sembra utile  – e spero che questo sia un punto  che si svilupperà nella discussione-  confrontare  tra loro supervisioni in gruppo condotte da analisti diversi, per capire quanto ogni proposta tecnica scaturisca dalla peculiarità e dallo  stile personale del conduttore. Mi riferisco cioè a modelli di lavoro che pongono al centro il funzionamento mentale del supervisore e modelli che pongono al centro il funzionamento del gruppo.

Nella mia esperienza di partecipazione ai seminari di supervisione con Meltzer, sia nel grande gruppo a Firenze presso l’Associazione Fiorentina di Psicoterapia Psicoanalitica e al Calambrone  presso  la Stella Maris, sia nel piccolo gruppo a Gromignana il gruppo era in una posizione di ascolto della supervisione, mentre Meltzer mostrava come funzionava la sua mente al lavoro  nel dare forma al suo pensiero sul paziente . Ricordo che Meltzer faceva molte domande per riuscire a entrare  nel clima della seduta, Stava spesso con gli occhi chiusi (e noi temevamo che si fosse addormentato perché gli avevamo riversato dentro i nostri dubbi e le nostre angosce oppure pensavamo che il materiale fosse noioso e pesante), scivolava in uno stato intermedio tra la veglia e il sonno, uno stato di reverie, dal quale emergeva  costruendo, con la sua “abilità inventiva” una nuova direzione verso una comprensione della seduta  sottolineando la sua prospettiva personale . Meltzer  costruiva  un quadro così personale  e completo che non   era facile portare contributi da parte dei partecipanti Si aveva l’impressione di essere stati in quella stanza di analisi, dove era avvenuta la seduta presentata e di avere appreso molto sul metodo psicoanalitico e su come si formano le interpretazioni nella mente dell’analista

Ugualmente  nei seminari di  Rosenfeld , alcuni ascoltati direttamente a Venezia, altri  mutuati dall’esperienza di colleghi a Milano, la supervisione era  centrata sulla relazione analista-paziente con un’attenzione volta agli aspetti transferali, mentre  il funzionamento del gruppo  non aveva  rilievo

Ancora  lo stile di conduzione  del gruppo di supervisione di Ferro   pone al centro del suo interesse  l’idea  che un personaggio descritto nel materiale possa assumere vari livelli di significato, da quello reale a quello inerente il mondo interno, dalla relazione transferale  fino al livello indicato come “l’ologramma  affettivo” che narra la qualità del campo bipersonale  presente. Alla presentazione del materiale clinico  segue  da parte di Ferro un  intervento che si va arricchendo di immagini da film, di opere letterarie intorno a un  punto centrale  scelto. I romanzi e le storie appaiono come condensati narrativi   con cui viene descritta la relazione ferapeutica Il gruppo di supervisione tende a collegarsi alle associazioni da lui presentate per  creare  nuove narrazioni. Quindi il suo modello di conduzione  dl gruppo di supervisione  rivela una prospettiva  volta ad attivare  la funzione immaginativa dei partecipanti

 

D’altra parte  ci sono  psicoanalisti  – Hautmann,  Boccanegra, Ferruta, Neri Correale,   – interessati  funzionamento  del gruppo e al pensiero gruppale, che nella supervisione lasciano spazio  al lavoro di gruppo, ponendosi in una posizione nella quale il conduttore cerca di cogliere una valenza di pensiero gruppale ,scolorendo la propria individuale interpretazione del caso presentato, per riassorbirla  nella sua lettura gruppale . “ Io non farò una supervisione, ma la farò fare a voi  e vi supervisionerò mentre la fate “ comunica  Hautmann ai partecipanti al gruppo .(Brignone , a cura di,1999,pag.21)

Nell’intervista riportata all’inizio del volume, che stiamo presentando G.Hautmann ci dice come il gruppo divenga interlocutore di un dialogo con l’analista-conduttore, che sente di tenere dentro di sé  una componente gruppale che aiuta la comprensione e la recezione del messaggio dell’altro  e come tutti nel gruppo siano importanti nonostante il silenzio   di qualcuno perché anche chi è silenzioso  è comunque “portatore di un  messaggio che non si esplicita, ma che in seguito potrà trovare il modo di esplicitarsi”  ( 2013,pag10)

I contributi dei partecipanti, anche quelli  più scollegati in apparenza vengono trattati dal conduttore come associazioni libere, collegati tra loro in un lavoro psicoanalitico nel qui e ora  e ogni singolo intervento è collegato al lavoro mentale del gruppo. I partecipanti si sentono non spettatori della coppia conduttore terapeuta che presenta il caso, ma protagonisti attivi nel processo di riflessione.  (A.Suman 2005)

Via via nel procedere del lavoro il gruppo   si va configurando come la cassa di risonanza degli aspetti dissociati della mente del paziente e i contenuti proposti dai componenti del gruppo possono rappresentare frammenti sparsi ( della mente del paziente) in cerca di un contenitore che dia loro un significato   Più viene favorita la spontaneità del gruppo, più il gruppo esprime le sue impressioni che, se  accolte e integrate ( anche quando  appaiono  “dissociate” dal materiale),si vanno organizzando in  elementi alfa che permettono il nascere  pensieri onirici  . L’attività mentale del gruppo e del conduttore va assumendo sempre più una dimensione onirica . Sembra proprio che in questi gruppi si vadano a toccare i diversi complessi aspetti del funzionamento mentale e sia possibile indagare una realtà mentale nel momento stesso in cui si svolge. E qui va sottolineata l’importanza della funzione analitica che il conduttore svolge indirizzata a fornire al gruppo un contenitore significante per le sue sensazioni-produzioni “un luogo mentale- scrive Hautmann- in cui sensorialità complesse, emozioni e fantasie possono formarsi ed essere liberamente espresse”(Hautmann 1996 ) L’analista conduttore funziona da attivatore e da contenitore del lavoro mentale del gruppo, che da  rappresenta la mente del paziente e il cui funzionamento ricalca il modello della situazione analitica

“L’analista lavora con tutto se stesso, un’entità complessa che sente  di tenere dentro di sé la gruppalità  presente anche nel lavoro individuale ”.. …”Il lavoro con il gruppo dilata quella parte dell’attenzione e del coinvolgimento analitico che nell’analisi individuale è attivata dalla base gruppale primitiva propria degli aspetti elementari della mente del paziente”  ….”.il confronto con il gruppo è come l’uso di una lente di ingrandimento, con cui tornare a contattare il singolo individuo, in cui allora è più facile percepire la molteplicità: il gruppo reale allena a cogliere  il gruppo all’interno dell’individuo “(2013,pag12)

L’importanza dello stile dell’analista conduttore   è sottolineata da Roberto Mazza nel suo   intervento  “….il conduttore può offrire ai partecipanti qualcosa di simile  a quanto avviene in seduta individuale allorché il paziente percepisce a livello inconscio il modo di lavorare del proprio analista e viceversa”. Il conduttore offre quel “tutto se stesso”…! La sua capacità di far germinare dal proprio apparato mentale  pensieri nuovi proprio grazie alla circolarità attivata nel gruppo che promuove intuizioni”.(2013,pag 139) ,  una sorta di amplificazione della funzione analitica della mente che si produce nel gruppo a partire dalla presentazione del materiale clinico:

E pensiamo alla mente al lavoro dell’analista  quando Neri ci parla  della sua idea di presentare, in un percorso di supervisione, un suo “testo mirato”, scritto e  creato apposta da lui per quel gruppo di lavoro con quel problema, in cui esplicitare alcune problematiche legate a quella situazione e permettere agli operatori di avere il testo prima della supervisione, per poterlo pensare e poi discutere assieme . Grazie alla sua intuizione, permette a quel gruppo di “osare dei pensieri” attorno al suicidio di un paziente che risultava profondamente angosciante e impensabile. Ci appare questo intervento scaturire da un contatto profondo con il dolore degli operatori e cercare assieme a loro una modalità per affrontarlo. L’idea di Neri  sembra attingere proprio al suo inconscio gruppale, a quel “tutto se stesso”  che ha sentito come, in quella situazione, risultasse necessario trovare una trama – il testo mirato appunto – su cui depositare l’esperienza emotiva del gruppo.

Augurandomi che queste mie note siano di stimolo a porci interrogativi, volti a trovare il senso di queste esperienze ed  a approfondire la qualità degli strumenti che facilitino il pensare in gruppi di lavoro nelle istituzioni, desidero concludere  con le parole di Paul Valery che prendo a prestito per descrivere  il lavoro mentale gruppale come

“ una scintilla in una camera di specchi , che anima un’infinità di figure e di relazioni impresse tra queste figure”

Novembre 2014

Bibliografia

Bion W(1961) Esperienze nei gruppi, Armando , Roma,1972

 

Bion W. (1975(,Memoria del futuro, Raffaello Cortina, Milano, 1993

 

Brignone A,(a cura di)(1999) I seminari analitici di gruppo di Giovanni Hautmann, Ets, Pisa

 

Ferro A(2000) Teoria e tecnica della supervisione psicoanalitica. Seminari clinici di San Paolo, Raffaello Cortina, Milano

 

Ferruta A (2013)Come lavora il pensiero gruppale in  differenti situazioni cliniche   in Gabbriellini G (a cura di) Il pensiero gruppale nel lavoro con il paziente, nelle supervisioni, nei servizi, Felici,Pisa

 

Gabbriellini G., Raffaella Tancredi,(2013) Intervista a Giovanni Hautmann in Gabbriellini G (a cura di) Il pensiero gruppale nel lavoro con il paziente, nelle supervisioni, nei servizi, Felici,Pisa

 

Hautmann G(1996) Pellicola di pensiero:sensorialità,emozione, gruppalità, relazione nella veglia e nel sonno, in Il mio debito con Bion, Borla, Roma, 1999

 

Hautmann G(2010) Il paziente tra la dualità analitica e la molteplicità gruppale in Gabbriellini G(a cura di) Giovanni  Hautmann e il pensiero gruppale, Felici, Pisa

 

Kaes R(2007) Un singolare plurale, Borla, Roma

 

Mazza R (2013 Supervisione e lavoro di gruppo nei servizi pubblici in Gabbriellini G, (a cura di) Il pensiero gruppale nel lavoro con il paziente, nelle supervisioni, nei servizi, Felici,Pisa

 

Meltzer D (1982)Apparato protomentale e fenomeni somatopsichici in Gruppo e Funzione Analitica III,

1

Neri C, (2013)Servizi psichiatrici territoriali: qualcosa di più della discussione del caso clinico nella supervisione di gruppo?in  Gabbriellini G (a cura di) Il pensiero gruppale nel lavoro con il paziente, nelle supervisioni, nei servizi, Felici,Pisa

 

Suman A(2005) Lavorare insieme, Supervsione di gruppo e gruppo di supervisione in Contrappunto, 36

 

 

 

 

 

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *