Psicoanalisi e dintorni
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“Noi imperfetti -Quando pensiamo di non farcela” di Pietro Roberto Goisis – Recensione di Teresa Lorito

goisis

Enrico Damiani Editore, 2024

Dall’ideale dell’io all’io possibile

Potremmo forse sintetizzare così il senso dell’ultimo lavoro, assai ricco e vasto, di Pietro Roberto Goisis. E, una volta tanto, al povero recensore vengono in aiuto, oltre la densità dello scritto, anche le immagini, che nel volume di Goisis non sembrano mera e vaga suggestione, bensì parte del significato. Succede infatti che nel retro della prima e dell’ultima di copertina si trovino due illustrazioni piuttosto interessanti. Attenzione! Piazzate nel retro di copertina le due figure non saltano agli occhi, vanno, in un certo senso, scoperte. Come dire, la conquista dell’imperfezione reclama le sue fatiche!

Si tratta di due figure (una maschile e una femminile, ma l’attribuzione di genere potrebbe tradire un pregiudizio cognitivo) che si suppongono guardarsi negli occhi, ma per quel che ne sappiamo potrebbero anche avere gli occhi chiusi, o chiusi nella prima illustrazione e aperti nella seconda…Il braccio della figura con i capelli lunghi avvolge la spalla dell’altro recando tra le mani un ago da cui si diparte un filo di colore rosso nella prima di copertina, blu nell’ultima. Le due illustrazioni sono corredate da alcune righe di testo. Peraltro, al povero recensore che, come l’autore traffica in libere associazioni di idee, parole, suoni e immagini, viene in mente che quello dal rosso al blu possa essere immaginato come un percorso che dal malessere, dal disagio, dal dolore, si avvia -faticosamente – verso il compromesso del benessere.

Noi imperfetti un po’ richiama e, in un certo senso ne è il prosieguo e l’allargamento, La stanza dei sogni che Goisis ha pubblicato nel 2021.

Là lo stile era più narrativo, qui più strutturato, come se l’autore avesse risposto a una urgenza sua e del lettore di dare sistematicità alle proprie riflessioni e alle proprie esperienze cliniche.

Ventisette capitoli più uno di ringraziamenti (non sottovalutate i ringraziamenti degli autori, non sono clausole di stile separate dal resto): il filo che li unisce l’abbiamo già incontrato, quel filo che da rosso diventa blu, il filo del cambiamento.

Il cambiamento positivo, ci dice Goisis, avviene all’interno delle relazioni che ci legano gli uni agli altri. “se stiamo bene con gli esseri umani e ci occupiamo di loro, stiamo bene anche noi” (pag. 45). La questione, tanto per cambiare, è complessa. Vengono in mente le scritture: “ama il prossimo tuo come te stesso” (Levitico, 19-18) e il commento che ne faceva Herman Hesse secondo cui il fondamento del precetto, il prius, sarebbe proprio l’amore per sé stessi. I due poli della questione si tengono e procedono assieme.

Procedono verso il punto d’arrivo della nostra crescita che si trova nella capacità di avere una buona interdipendenza, cioè, come chiarisce l’autore, “una relazione equidistante in cui entrambe le parti mantengono la propria autonomia mentre collaborano e si sostengono reciprocamente” (pag. 45). Se accettiamo la nostra vulnerabilità, essa può diventare il volano della nostra crescita.

In tutto il libro si percepisce l’interesse di Goisis per l’adolescenza che è dovuto naturalmente al suo lavoro con tanti di loro e ad una parte speciale della sua formazione. Ma il lettore percepirà anche che nel lavoro verso il cambiamento, nell’ottica che tutto il testo adotta e che vorrei chiamare di crescita sostenibile (rubando un concetto ad ambiti meno psicoanalitici), l’adolescenza può essere vista come punto di cerniera del nostro sviluppo come persone, momento cruciale della nostra esistenza e dei suoi esiti.

Non si può fare a meno di notare una caratteristica che a me appare come uno dei punti di forza del volume, cioè il fatto che ogni capitolo è, naturalmente, legato organicamente agli altri, ma può essere letto da sé, in autonomia, quasi il capitolo di un manuale.

Così, aprendo il libro a caso, per esempio a pag. 298, leggiamo che “Viviamo e tutti abbiamo contribuito a creare una società …  dove si stigmatizzano le debolezze e si sottovalutano le risorse”. La considerazione richiama gli psicoanalisti a dare “sufficiente valore ai punti di forza che ognuno possiede”, ma allude anche al cruciale rapporto tra società e patologie, tra sistemi di valori e lavoro del terapeuta. E qui potrebbe cominciare un’altra storia.

Non si può non accennare allo stile di scrittura che, a mio avviso, è al tempo stesso rigoroso, chiaro e estremamente coinvolgente come può accadere solo quando si è profondamente dentro la materia.

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