Parafrasando quello che dice l’autore stesso, Nella stanza dei sogni si legge come un romanzo, ma non è un romanzo; potrebbe essere un saggio, ma non lo è; potrebbe essere un compendio sulla teoria e tecnica della psicoanalisi, ma non ne ha la scansione, forse è un insieme di biografie, ma in realtà è un’autobiografia.
Goisis scrive un libro che scompone tutti i generi letterari e li ricompone per creare un suo personalissimo modo di raccontare.
La scomposizione e ricomposizione mi pare il tratto saliente del libro. La sua vita, la sua professione, la sua carriera, i suoi luoghi, i suoi pazienti, tutto è raccontato per brevi sequenze, tutto appare singolo, ma, invece, tutto è un coro che canta la sua passione per la vita, per le persone, per la psicoanalisi, per gli amici, per la sua famiglia, per i suoi pazienti.
Dal giovane medico che si specializza al professionista affermato, passando attraverso delusioni, successi, sconforti, perdite e ritrovamenti.
Descriverei il libro come un lavoro al telaio.
La trama è una teoria del setting che varia nel tempo mantenendo il suo assetto psicoanalitico, ma contaminandosi attraverso l’esperienza e gli studi.
La stanza: non solo il lettino d’ordinanza, la chaise-longue di Le Corbusier, ma anche la poltrona, la sedia: “Ci sono poi libri e riviste, poche, in ordine nella libreria, le sedie sono avvolgenti, le tende contengono e aprono alla città, i colori alle pareti cercano di trasmettere armonia e pacatezza. Tutti, i tanti dettagli, sono il mio modo di accogliere. Anche da lì inizia la cura”.
L’astinenza dell’analista declinata attraverso un’umanità che tiene conto delle emozioni di entrambi i componenti della coppia al lavoro.
La stanza d’attesa come una decompressione dal mondo fuori, ma a volte anche come una variabile che interviene nella cura.
L’ordito, i tanti volti che riempiono la stanza dei sogni: l’adolescente, la giovane promessa della moda, i genitori spaventati e i loro figli spaesati, la giovane professionista della fotografia in cerca per tutta la vita dell’attenzione di suo padre. L’amico e collega di una vita, i colleghi della Società Psicoanalitica Italiana, la compagna di vita e di lavoro, i figli e la loro progenie.
Tutti questi volti disegnano questo viaggio rendendolo interessante per noi addetti ai lavori, ma anche per i lettori in genere che possono sognare insieme a tutto il cast che passa dalla “Stanza”.
Una cosa che mi ha molto colpito e che penso sia particolarmente interessante è lo sdoppiamento dell’io narrante: a volte i pazienti vengono fatti parlare in terza persona, a volte l’autore se ne impadronisce e presta loro la sua voce.
Penso che questo oltre ad essere un artificio letterario, un modo per rendere più accattivante e coinvolgente il racconto, sia una modalità concreta di rendere i movimenti emotivi e cognitivi che avvengono in ogni incontro terapeutico. Sottolinea anche come il nostro mestiere si confronta con una specie di compito impossibile: essere noi stessi e nello stesso tempo modificarci a seconda di chi abbiamo di fronte. Compito impossibile, ma assolutamente entusiasmante che ci fa amare questo mestiere.
Perché la “… psicoanalisi parla a noi terapeuti, ci porta in mondi nuovi rispetto ai manuali, cambia e ci fa cambiare, apre la mente e il cuore a nuove esperienze”
Un libro da leggere tutto di un fiato, per rileggerlo con calma estrapolando tutti gli aspetti tecnici e teorici di cui trasuda.
PS: e mentre lo leggiamo possiamo anche ascoltare su Spotify la personalissima colonna sonora, pensata da Roberto Goisis, per Nella stanza dei sogni.