Intervento di Anna Ferruta al Convegno in onore di Giovanni Hautmann
– Firenze 24 marzo 2007 –
Il mio incontro con Giovanni Hautmann è avvenuto soprattutto attraverso la lettura dei suoi scritti, un’attività importante nella trasmissione della psicoanalisi alle altre generazioni e di questo gli sono grata: scrivere aiuta a pensare e lascia tracce. Non c’è solo il transfert…
Del suo contributo allo sviluppo della psicoanalisi vorrei mettere in luce soprattutto l’inquieto e sereno equilibrio con il quale Hautmann si è sempre affacciato sull’ignoto, su ciò che non è ancora conosciuto, invece di sostare tranquillamente nelle certezze acquisite. Nel suo pensiero si incontra continuamente la coesistenza di aspetti contrastanti che convivono senza elidersi, in un quadro di rigore e di ricerca sui modi di funzionamento della mente. Mi piace mettere in luce in particolare tre dimensioni dell’ignoto che ha amato sviluppare:
Pensare per immagini
Hautmann si è interessato a come si forma la pellicola di pensiero che permette un inizio di simbolizzazione di sensazioni ed emozioni non pensabili, individuando nel significante che le struttura per immagini una prima forma di organizzazione simbolica.
Parla delle immagini che compaiono nella mente dell’analista al lavoro in seduta e di quelle che porta il paziente, come prime tracce di organizzazione mentale del mondo interno e della comunicazione tra soggetti. Un’artista contemporanea, Bridgey Riley ha osservato che: “La visione è la maniera più economica per l’organismo vivente di ordinare il mondo esterno in funzione della sua sopravvivenza”. Un contributo particolarmente originale di Hautmann in quest’area è la sua osservazione sulla bellezza come organizzatore inconscio della pellicola di pensiero che acquista una sua esistenza e vitalità proprio perchè le forme simboliche che hanno la qualità della bellezza riescono a sopravvivere meglio e più a lungo alla turbolenza delle angosce della non mentalizzazione.
Forse il suo essere di Firenze, immerso in una bellezza ambientale che gli deve essere apparsa da sempre come “naturale”, ha avuto la sua importanza nel permettergli di avventurarsi nell’ignoto degli stati primitivi della mente, rischiarato dai lampi di immagini di bellezza via via incontrate come forma del mondo nel suo controtransfert e nell’ascolto dei messaggi dei suoi pazienti.
La gruppalità inconscia della mente
Hautmann, all’interno degli sviluppi relazionali della psicoanalisi degli ultimi trent’anni, ha prestato attenzione non solo alle comunicazioni consce e inconsce della coppia analista-paziente, ma anche a come il gruppo in cui la coppia è immersa contribuisce alla formazione della mente. La sua attenzione alla pluralità inconscia dei personaggi che popolano la mente del soggetto e della coppia analitica è stata utile per evitare un appiattimento sugli aspetti relazionali solo della coppia madre-bambino e una specie di “allucinazione negativa” nei confronti della coppia analitica, a rischio di restare isolata nel quadro manifesto della seduta, rispetto alla folla di personaggi e identificazioni presenti nella mente dei due interlocutori.
Gli allievi
Giovanni Hautmann ha sempre mostrato un interesse profondo per il dialogo, specie con le nuove generazioni di allievi. E’ qui che la sua passione per il non già noto mostra la sua autenticità: pensa che l’altro sia sempre altrove, in qualcosa che non è stato ancora pensato. E quindi si è impegnato e si impegna tuttora a dialogare con allievi e colleghi sulle frontiere aperte del pensiero psicoanalitico. E’ sensibile al desiderio di apprendere degli allievi e alle domande che pongono. In questo senso possiamo dire che anche noi, come allievi, con le nostre domande di apprendere e con il nostro desiderio di dialogare, abbiamo contribuito a fare diventare Giovanni Hautmann Giovanni Hautmann.