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Destini dell’odio – pulsioni, alterità, confini

Pulsioni, alterità, confini

 

 

L’odio, una passione senza confini, che però, instancabilmente, li crea. In un momento storico che pare scomporre ogni certezza riguardo ad un orizzonte condiviso non possiamo non riflettere su questa forza indomabile, antica nei suoi nuclei e sempre nuova nelle imprevedibili forme che assume, una forza che sembra slegare, differenziare, dividere, ma allo stesso tempo sfugge le differenze, perfino le più piccole.

 

Odiamo ciò che conosciamo, ma anche ciò che è diverso, odiamo chi è vicino, troppo vicino, ma anche chi è distante e mette in discussione la nostra unicità. In Pulsioni e loro destini Freud scrive che l’odio per l’oggetto è più antico dell’amore, invitandoci a riflettere sul fatto che dall’originario strutturarsi di un’attività psichica l’odio marca un confine con l’esterno, con l’altro da sé. Eppure, se una parte l’odio separa, dall’altro pare non poter tollerare la differenza, per quanto piccola o insignificante.

 

La psicoanalisi si è interrogata a lungo sulla passione dell’odio, sulla sua qualità di pulsione originaria, sulle possibili trasformazioni, sul rapporto con le identificazioni e con il narcisismo. Eppure non può non turbare incontrarlo, dentro di noi, nell’esperienza umana o nella stanza d’analisi. Come scrive Pontalis l’amore viaggia, ritorna, si trasforma, talvolta è incerto, vago, l’odio invece è impassibile, insistente, instancabile non abbandona facilmente la sua preda. E allora quali sono i molteplici destini di questa passione unicamente umana? Come possiamo provare ad affrontarli nella clinica e nella teoria?

 

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